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Correlazioni in Medicina



Ablazione alcolica del setto nella cardiomiopatia ipertrofica


La cardiomiopatia ipertrofica è la più comune malattia cardiovascolare genetica causata da mutazioni multiple di geni sarcomerici cardiaci.
Il gradiente a riposo e inducibile con lo sforzo nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro è un forte determinante di morbilità e mortalità nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica.

Le complicanze emodinamiche ed elettriche sono più comuni nei pazienti con ostruzione nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro, rispetto ai pazienti affetti da cardiomiopatia ipertrofica senza ostruzione nel tratto di efflusso.
La riduzione dell’ostruzione nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro migliora sia i sintomi che la sopravvivenza a lungo termine.

La miectomia chirurgica è attualmente la metodica preferita per ridurre l’ostruzione nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro.
L’ablazione alcolica del setto nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica è generalmente riservata a pazienti sintomatici, non ritenuti idonei per la miectomia chirurgica.
Inoltre, una grande parte di pazienti rifiuta l’intervento chirurgico.

E’ stato condotto uno studio prospettico in un ospedale di terzo livello in India orientale nel corso degli ultimi 10 anni, comprendente due gruppi di pazienti con l'obiettivo di studiare i risultati immediati e a lungo termine della ablazione alcolica del setto.

Sono stati arruolati 51 pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva ( picco nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro maggiore o uguale a 50 mmHg ) per oltre 5 anni ( dal 2004 al 2009 ) che erano persistentemente sintomatici nonostante la terapia medica. Dieci pazienti non erano idonei alla chirurgia; 26 hanno rifiutato il trattamento chirurgico.
Sono state incluse solo le forme ostruttive dei pazienti che erano in classe III e IV sintomatici nonostante il trattamento medico ottimale con beta-bloccanti, calcio-antagonisti e Disopiramide.
I pazienti con ostruzione medio-cavitaria isolata sono stati esclusi dallo studio.

L’ablazione alcolica del setto è stata eseguita su 36 pazienti che non-idonei alla chirurgia o non-disposti a sottoporsi a intervento chirurgico.
La procedura non è stata completata in un paziente a causa di una tachicardia ventricolare incessante, emodinamicamente instabile.
35 pazienti sono stati seguiti per 5 anni sia clinicamente sia mediante esame ecocardiografico.

L'età media al momento dell'intervento era di 32 anni.
Il gradiente di picco nel tratto di efflusso ventricolare sinistro, pre-operatorio, era di 73 ± 20 mmHg.

L’ablazione alcolica del setto è stata eseguita con successo in tutti e 35 pazienti con immediata riduzione del picco nel tratto dell’efflusso.
Il valore post-operatorio del gradiente di picco nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro è stato di 13 ± 7 mm Hg.

Tre pazienti hanno sviluppato blocco cardiaco completo durante la procedura; di questi, 2 pazienti hanno presentato ripristino spontaneo del ritmo sinusale entro 72 ore.
Un paziente che non ha mostrato ripresa del ritmo sinusale è stato sottoposto a impianto di pacemaker permanente.

Nel corso dei 5-8 anni di follow-up, 4 pazienti sono morti ( 2 pazienti con scompenso cardiaco refrattario, 2 pazienti con morte cardiaca improvvisa ).
Tre pazienti hanno sviluppato fibrillazione atriale nel corso del follow-up.
I restanti pazienti erano asintomatici e non è stata osservata all’esame ecocardiografico alcuna recidiva di ostruzione nel tratto dell’efflusso del ventricolo sinistro.

In conclusione, la cardiomiopatia ipertrofica è una malattia genetica complessa con diverse complicanze a lungo termine soprattutto nella forma ostruttiva.
Sebbene si dica di riservare l’ablazione alcolica del setto ( classe IIa ) solo a coloro che non sono candidati idonei per la miectomia chirurgica, gran parte dei pazienti sintomatici che rifiutano l’opzione chirurgica può essere trattata con successo con ablazione alcolica del setto.
L’esito nell’immediato e nel lungo periodo è buono. ( Xagena2015 )

Chandra Mandal P, Bera D, J Am Coll Cardiol. 2015;65(17_S):S38-S38. doi:10.1016/j.jacc.2015.03.132

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