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Correlazioni in Medicina



I farmaci per il disturbo da deficit di attenzione ed iperattività


Le modalità terapeutiche per l'ADHD ( disturbo da deficit di attenzione con iperattività ) sono quella comportamentale, con vari interventi psicosociali, e quella farmacologica.
Secondo la maggior parte degli autori il Metilfenidato ( Ritalin ) rappresenta oggi il farmaco di scelta.
I disturbi della condotta, dell'apprendimento e dell'interazione sociale richiedono invece interventi psicosociali, ambientali e psicoeducativi, centrati sulla famiglia, sulla scuola e sui bambini.

Gli psicostimolanti: Metilfenidato

Gli psicostimolanti sono considerati la terapia più efficace per l'ADHD e il Metilfenidato è il farmaco di cui, fino ad oggi, è stata raccolta la maggiore esperienza. Gli psicostimolanti agiscono sui trasportatori per le monoamine: il Metilfenidato modula soprattutto la quantità di dopamina, e di noradrenalina, presente nello spazio intersinaptico. Potenzia una trasmissione dopaminergica deficitaria e attenua uno stato di iperattività dopaminergico. È in grado di migliorare l'inibizione delle risposte, la memoria di lavoro e i processi di discriminazione degli stimoli.

Farmacocinetica e farmacodinamica

Nei bambini, il picco delle concentrazioni ematiche è raggiunto dopo circa 2 ore dalla somministrazione orale, con una durata di azione di 1 -4 ore ed una emivita di 2-3 ore. La relazione dose/risposta del farmaco è molto variabile, ed è associata alla fase di incremento dei livelli ematici del farmaco così che il dosaggio deve essere individualizzato. Nei paesi in cui il farmaco è in commercio, è disponibile in compresse da 5-10-20 mg; negli USA anche in capsule a rilascio lento da 20 mg. In considerazione del profilo cinetico e dinamico, è necessario somministrare più dosi giornaliere. Alla sospensione, alcuni bambini possono mostrare un effetto rebound con esacerbazione dei disturbi comportamentali, effetto che può essere prevenuto con uno schema terapeutico con un dosaggio maggiore al mattino seguito da dosi inferiori durante la giornata, o usando formulazioni a rilascio controllato.

Efficacia

I risultati di alcuni studi clinici controllati hanno evidenziato che il Metilfenidato è efficace in circa il 70% dei bambini con ADHD. L'effetto terapeutico è rapido. Una settimana di trattamento è in genere sufficiente per ottenere benefici valutabili anche in ambito scolastico: aumento dell'attenzione, della capacità di portare a termine i compiti assegnati, oltre ad una riduzione dell'impulsività, della distrazione e delle interazioni interpersonali conflittuali. Negli studi finora condotti è stato notato che la stessa dose di Metilfenidato può tuttavia produrre nei bambini con ADHD cambiamenti in positivo, in negativo o nulli, in base al metodo di valutazione usato.
Questo paradosso evidenzia l'eterogeneità dei metodi di valutazione finora utilizzati nelle sperimentazioni cliniche, che vanno da una soggettiva percezione di miglioramento da parte dei genitori, a valutazioni cliniche ambulatoriali, fino all'analisi del rendimento scolastico del bambino. Circa il 30% dei bambini con ADHD non risponde al Metilfenidato. I fattori che sembrano limitare l'efficacia del farmaco sono: la predominanza di ansia e depressione nel quadro sintomatologico ( sintomi che nei bambini con ADHD il Metilfenidato migliora ), la concomitanza di lesioni organiche e neuroevolutive, e la presenza di condizioni socioeconomiche ed ambientali sfavorevoli. Tutti elementi che riconducono anche alla difficoltà ed eterogeneità della definizione diagnostica di questa sindrome. Mentre l'efficacia nel breve periodo è ben documentata, pochi sono stati finora gli studi che hanno analizzato gli effetti a lungo termine del Metilfenidato. I risultati ottenuti non hanno evidenziato nei pazienti trattati un miglior inserimento sociale o il raggiungimento di più alti livelli di scolarità rispetto ai controlli. Ne consegue che le evidenze a tutt'oggi disponibili supportano l'uso del farmaco solo per un periodo di breve durata e nell'ambito di una terapia non solo farmacologica.

Effetti indesiderati

Gli effetti collaterali più comuni degli psicostimolanti e del Metilfenidato in particolare sono diminuzione di appetito, insonnia e irritazione gastrointestinale: l'insonnia può essere prevenuta evitando le somministrazioni serali, la mancanza di appetito ed i disturbi gastrointestinali somministrando il farmaco dopo i pasti. Quando il farmaco è somministrato correttamente, cefalea e dolori addominali sono rari, temporanei e raramente impongono la modifica o la sospensione della terapia. Rare, seppur documentate, sono la neutropenia e l'eosinofilia.
In individui predisposti, possono verificarsi o peggiorare movimenti involontari, tic e idee ossessive. In alcuni bambini, possono indurre variazioni rapide del tono dell'umore con aumento o diminuzione dell'eloquio, ansia, eccessiva euforia, irritabilità, tristezza ( disforia ). Nei bambini, dosi elevate di farmaco possono indurre, paradossalmente sedazione e diminuzione delle capacità di apprendimento. Nei bambini l'abuso e la dipendenza sono praticamente inesistenti. Diversi studi mostrano peraltro che adolescenti con ADHD in terapia con psicostimolanti dall'infanzia presentano minore incidenza di abuso di sostanze psicotrope rispetto ad adolescenti che, da bambini, non avevano ricevuto alcun trattamento farmacologico per ADHD. Possibili effetti sull'accrescimento staturo-ponderale sono stati segnalati nei trattamenti prolungati ma sono necessari studi con follow-up più lungo, standardizzati per stadio puberale e con valutazione accurata dei parametri auxologici. Il Metilfenidato può interferire con l'effetto dei farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale ( sedativi, anticonvulsivanti ed antidepressivi ).
Richiede inoltre cautela l'uso concomitante di decongestionanti nasali che contengono stimolanti ( quali la Pseudoefedrina ): l'effetto additivo può dar luogo a tachicardia e palpitazioni. I soggetti in trattamento con psicostimolanti sono a maggior rischio di eventi cardiovascolari. Il rischio è in funzione diretta dell'età: minore nei bambini, maggiore negli adolescenti e negli adulti. È necessario sottoporre tutti i soggetti a ECG e valutazione cardiologica prima dell'inizio della terapia e, periodicamente, nel corso del trattamento.

I farmaci non-psicostimolanti ( noradrenergici )

Numerosi farmaci, in grado di bloccare in maniera più o meno selettiva la ricaptazione della noradrenalina, sono efficaci nella terapia dell'ADHD. Il sistema noradrenergico modula la funzione di numerose aree cerebrali coinvolte nei meccanismi di vigilanza, allerta ed attenzione. I farmaci in grado di modulare la funzione noradrenergica sono: antidepressivi triciclici, agonisti alfa-2 adrenergici, bloccanti selettivi del reuptake della noradrenalina. Alcuni di tali farmaci presentano però minore tollerabile ( Desipramina: effetti anticolinergici e rischio di cardiotossicità ), tolleranza agli effetti terapeutici dopo alcuni mesi ( Clonidina ). Altri ( ad es. Atomoxetina ) hanno dimostrato efficacia e tollerabilità simile agli psicostimolanti, senza potenziale d'abuso.

Atomoxetina

L'EMEA ( European Agency for the Evaluation of Medicinal Products ) ha recentemente approvato con procedura di mutuo riconoscimento l'Atomoxetina ( Strattera ), un inibitore selettivo del reuptake della noradrenalina per la terapia dell'ADHD nei bambini al di sopra dei 6 anni di età, adolescenti e adulti. L'Atomoxetina è stata dapprima introdotta sul mercato negli USA nel novembre del 2002 e poi successivamente nel Regno Unito nel maggio del 2004. L'efficacia dell'Atomoxetina è stata valutata attraverso 8 studi controllati verso placebo condotti in circa 1500 pazienti, di cui più di 1000 erano bambini e adolescenti. Alcuni dei pazienti, sia pediatrici che adulti, sono stati seguiti in studi in aperto per vari anni ( periodo di tempo superiore a 3 anni ) per ottenere dati relativi all'efficacia ed alla sicurezza del trattamento a lungo termine. Ad oggi non vi sono chiare evidenze circa l'efficacia a lungo termine e all'effettiva necessità di un trattamento protratto oltre i 3-6 mesi.

Riguardo la sicurezza del farmaco va sottolineato che, nel corso del 2005, sia l'EMEA che la Food and Drug Administration ( FDA ) hanno allertato il personale medico ed i pazienti circa l'aumentato rischio di pensieri suicidari in bambini e adolescenti in terapia con l'Atomoxetina. L'incremento del rischio suicidano è stato identificato in una metanalisi di alcuni trial della durata da sei a diciotto settimane. Lo studio ha dimostrato che lo 0,4% dei bambini trattati con Atomoxetina manifesta pensieri suicidari mentre in quelli trattati con placebo non si è registrato nessun caso del genere. Un'analisi simile è stata eseguite anche tra adulti con ADHD o con depressione: in questi soggetti non si è avuto incremento di comportamenti autolesionistici. Le autorità regolatorie hanno deciso di far inserire nella scheda tecnica del prodotto le avvertenze aggiornate sul rischio di ideazione e comportamento suicidario, per richiamare l'attenzione sul fatto che i ragazzi che stanno iniziando la terapia a base di Atomoxetina devono essere controllati attentamente per monitorare eventuali manifestazioni anomale del comportamento, pensieri suicidari o peggioramenti del quadro clinico psichiatrico. Particolare attenzione va anche rivolta agli effetti cardiovascolari che possono essere indotti dal farmaco. L'FDA ha recentemente chiesto ai produttori di farmaci stimolanti utilizzati nel trattamento dell'ADHD di aggiungere un nuovo avvertimento sugli effetti avversi per il sistema cardiovascolare mentre ha respinto le raccomandazioni segnalate da un gruppo di esperti favorevoli al black box riguardante il possibile rischio di morte improvvisa: questa informazione è stata inserita nelle avvertenze generali del farmaco. L'FDA aveva inviato nel maggio 2006 una lettera direttamente agli sponsor per rinforzare le precauzioni per l'uso. Da parte di una nota casa produttrice è stato prodotto e aggiunto un nuovo avviso circa i rischi di eventi cardiovascolari e psichiatrici prodotti da Atomoxetina nel trattamento dell'ADHD. È possibile che il rischio riferito a questo farmaco rifletta le differenze nel meccanismo d'azione dell'Atomoxetina. ( Xagena2007 )

Fonte: Bollettino d’Informazione sui Farmaci, 2006


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