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Correlazioni in Medicina



Esiti in pazienti anziani e giovani con infarto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST sottoposti a intervento coronarico percutaneo primario con Bivalirudina versus Eparina


Poiché l'età avanzata è un forte predittore non solo di sanguinamento ma anche di eventi ischemici, la comprensione del profilo di rischio / beneficio della Bivalirudina ( Angiox ) negli anziani sottoposti a intervento coronarico percutaneo primario ( pPCI ) per infarto del miocardio con sopraslivellamento del segmento ST ( STEMI ) è importante.
Per questo sono stati confrontati pazienti anziani con pazienti giovani tutti sottoposti a pPCI per infarto STEMI che hanno ricevuto casualmente Bivalirudina oppure Eparina.

È stata eseguita una analisi aggregata a livello di paziente ( n=5.800 ) di due ampi studi randomizzati.
In totale 2.149 ( 37.1% ) pazienti anziani con più di 65 anni di età con infarto STEMI sono stati arruolati e assegnati in modo casuale a Bivalirudina o Eparina con o senza un inibitore della glicoproteina [ GPi ] ( gruppo di controllo ) prima del PCI primario.
Sono stati analizzati gli esiti clinici a 30 giorni.

Nei pazienti anziani, la Bivalirudina ha ridotto significativamente il sanguinamento maggiore non-CABG ( non-dovuto a bypass aorto-coronarico ) ( 7.1% vs 10.4%; P minore di 0.01 ), ST subacuto ( 0.4% vs 1.5%; P minore di 0.01 ) ed eventi clinici avversi netti ( NACE; composito di sanguinamento per tutte le cause, reinfarto, IDR, ictus o emorragia maggiore non-CABG definita dal protocollo, 13.7% vs 17.2%; P=0.03 ) con percentuali comparabili di ictus, infarto miocardico, ST acuto o morte per tutte le cause, quando è stata confrontata con Eparina con o senza inibitore di GP.

In conclusione, in un ampio gruppo di pazienti anziani arruolati negli studi EUROMAX e HORIZONS-AMI, la Bivalirudina è risultata associata a tassi inferiori a 30 giorni di emorragia maggiore non-CABG, ST subacuto e NACE, con tassi simili a 30 giorni di ST acuto e mortalità. ( Xagena2017 )

Qaderdan K et al, Am Heart J 2017; 194: 73-82

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