Sicurezza della terapia con beta-bloccanti nei pazienti con scompenso cardiaco
I beta-bloccanti hanno dimostrato di migliorare la sopravvivenza nei pazienti con insufficienza cardiaca coronarica con disfunzione sistolica del ventricolo sinistro.
Tuttavia il loro uso è ancora limitato a causa del timore di reazioni avverse a livello cardiovascolare.
Uno studio ha analizzato i principali studi clinici randomizzati, in cui i pazienti con scompenso cardiaco sono stati trattati con beta-bloccanti, con l’obiettivo di quantificare il rischio di eventi avversi.
La terapia con beta-bloccanti è risultata associata ad un significativo aumento del rischio di ipotensione ( 11 per 1000/anno ), capogiri ( 57 per 1000/anno ), e bradicardia ( 38 per 1000/anno ).
Il rischio di senso di fatica è risultato invece basso ( 3 per 1000/anno ).
La terapia con beta-bloccanti ha prodotto una significativa riduzione della mortalità per tutte le cause ( 34 per 1000/anno ), dell’ospedalizzazione per scompenso cardiaco ( 40 per 1000/anno ) e del peggioramento dell’insufficienza cardiaca ( 52 per 1000/ anno ).
L’incidenza di interruzione della terapia con beta-bloccanti non è stata elevata ( 14 per 1000/anno ).
Questa revisione della letteratura mostra che la terapia con beta-bloccanti è sì associata ad ipotensione, capogiri e bradicardia, ma il rischio è piccolo.( Xagena2004 )
Ko Dt et al, Arch Intern Med 2004; 164: 1389-1394
Cardio2004 Farma2004