Inibitori del checkpoint immunitario associati ad alto rischio di tromboembolia nei pazienti con cancro
I pazienti oncologici possono essere ad alto rischio di tromboembolia venosa e di eventi tromboembolici arteriosi durante il trattamento con inibitori del checkpoint immunitario.
E' stata inoltre riscontrata una associazione tra tromboembolia venosa e un aumento del rischio di mortalità.
Gli inibitori del checkpoint immunitario sono sempre più utilizzati nella pratica clinica per trattare diversi tipi di cancro.
Dati recenti da piccoli studi di coorte e case report hanno suggerito un sostanziale rischio di trombosi in questi pazienti.
Dato lo stadio della malattia per lo più avanzato e il livello di pretrattamento nei pazienti trattati con inibitori del checkpoint immunitario, è prevista una notevole propensione protrombotica sottostante.
Tuttavia, gli studi clinici su larga scala che hanno valutato e valutano gli inibitori del checkpoint immunitario non hanno fornito informazioni sul rischio di tromboembolismo venoso o arterioso.
E' stato, pertanto, condotto uno studio retrospettivo in un singolo Centro su 672 adulti affetti da tumore ( età media, 64 anni; 61.3% uomini ) che hanno ricevuto un trattamento con inibitori del checkpoint immunitario nel periodo 2015-2018 presso il Vienna General Hospital in Austria.
Circa un terzo dei pazienti ( 30.4% ) aveva il melanoma, mentre il 24.1% presentava carcinoma polmonare non-a-piccole cellule, l'11% aveva un carcinoma a cellule renali e il 10.4% aveva un carcinoma a cellule squamose della testa e del collo.
La maggior parte dei pazienti ( 92.4% ) aveva un performance status ECOG di 0 o 1 e l'86% aveva una malattia in stadio IV.
Tra gli 85 pazienti ( 12.9% ) che avevano una storia di tromboembolismo venoso prima dell'inizio della terapia con inibitori del checkpoint immunitario, 65 avevano manifestato una precedente tromboembolia venosa associato alla diagnosi di cancro.
Sessantadue pazienti ( 9.2% ) avevano una storia di tromboembolia arteriosa, che per 15 pazienti era associata all'attuale diagnosi di cancro.
Al momento di iniziare il trattamento con un inibitore del checkpoint immunitario, il 16.5% dei pazienti aveva ricevuto una terapia anticoagulante continua e il 19.8% aveva ricevuto una terapia antipiastrinica.
I tassi di incidenza cumulativa di tromboembolia venosa e arteriosa hanno rappresentato l'endpoint primario.
Il follow-up mediano è stato di 8.5 mesi.
Sono stati osservati 47 eventi di tromboembolia venosa, per un'incidenza cumulativa del 12.9% ( IC 95%, 8.2-18.5 ), e 9 eventi tromboembolici arteriosi, per un'incidenza cumulativa dell'1.8% ( IC 95%, 0.7-3.6), durante la terapia con l'inibitore del checkpoint immunitario.
Il verificarsi di tromboembolismo è apparso associato a un alto rischio di mortalità ( hazard ratio, HR transizione = 3.09; IC 95%, 2.07-4.6 ).
Inoltre, avere una precedente storia di tromboembolia venosa era in grado di predire la recidiva di tromboembolia venosa ( HR sottodistribuzione = 3.69; IC 95%, 2-6.81 ).
Anche le metastasi a distanza sono apparse associate al rischio di tromboembolismo venoso ( HR sottodistribuzione = 1.71; IC 95%, 0.62-4.73 ), ma la differenza non ha raggiunto la significatività statistica.
Il verificarsi di tromboembolismo venoso è stato associato a un aumento di oltre tre volte della mortalità e a un aumento del rischio di 3.6 volte per progressione del tumore.
Questi dati sono a supporto di un potenziale ruolo della trombombolia venosa come indicatore di un decorso clinico più aggressivo della malattia durante la terapia con inibitori del checkpoint immunitario. ( Xagerna2021 )
Fonte: Blood, 2021
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