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Correlazioni in Medicina



Linee guida AIOM 2021 - Disordini tromboembolici e cancro: Epidemiologia


Numerose evidenze supportano la correlazione tra cancro e trombosi:

- gli studi autoptici hanno documentato un’incidenza maggiore, anche rispetto agli studi ante mortem, di trombosi venosa profonda ( TVP ) e di embolia polmonare ( EP ) nei pazienti oncologici rispetto ai pazienti non-oncologici;

- il rischio di recidiva della trombosi è più elevato nei pazienti con cancro rispetto ai pazienti senza cancro;

- infine nella popolazione generale, i pazienti con una trombosi idiopatica hanno un aumentato rischio di sviluppare una neoplasia fino a 1 anno dopo l’evento tromboembolico.

Nella popolazione generale l’incidenza annuale di un evento tromboembolico venoso ( TEV ) è di circa 117 casi ogni 100.000 abitanti. La presenza di una neoplasia aumenta di circa quattro volte tale rischio, mentre, nei pazienti che ricevono la chemioterapia, il rischio è aumentato di circa sette volte.

Le alterazioni dei test di laboratorio dell’emostasi sono presenti in circa il 90% dei pazienti oncologici, mentre solo l’1-15% di questi sviluppa una trombosi sintomatica, che può variare dal tromboembolismo venoso, tipicamente associato ai tumori solidi, alla coagulazione intravascolare disseminata, più frequente nelle leucemie acute e nelle neoplasie solide in fase avanzata.

Il rischio trombotico è ulteriormente aumentato dagli interventi chirurgici, dalla somministrazione della chemioterapia, dall’ormonoterapia, dalla immunoterapia o dalle terapie target, nonchè dalla presenza di cateteri venosi centrali o periferici.

I primi dati clinici relativi all’incidenza del tromboembolismo venoso nei pazienti affetti da tumori solidi derivano da studi eseguiti in pazienti affette da carcinoma della mammella.
Negli studi NSABP-14 e NSABP-20, che valutavano donne affette da carcinoma della mammella con recettori estrogenici positivi e linfonodi negativi, l’incidenza di tromboembolismo venoso a 5 anni nelle pazienti che assumevano placebo, Tamoxifene o Tamoxifene e chemioterapia era, rispettivamente, pari allo 0.2%, 0.9% e 4.3%.

Nelle donne con linfonodi positivi che ricevono chemioterapia, l’incidenza riportata varia dal 1% al 10%; l’incidenza è risultata maggiore nelle donne in post-menopausa, soprattutto se trattate con chemioterapia e ormonoterapia concomitante.
Indipendentemente dalla neoplasia di base, la maggioranza delle pazienti sviluppa un tromboembolismo durante la terapia sistemica, sia ormono che chemioterapica.

I pazienti con neoplasia del tratto gastrointestinale, del polmone, dell’ovaio o affetti da gliomi maligni hanno un’elevata incidenza di tromboembolismo venoso ( 10-30% ), così come i pazienti con neoplasie onco-ematologiche; ad esempio il 10% dei pazienti con linfoma di Hodgkin o non-Hodgkin sviluppa un evento tromboembolico venoso.

Un rischio particolarmente elevato è stato riportato nei pazienti trattati con polichemioterapia in combinazione alla terapia antiangiogenica.
La Talidomide in combinazione con steroidi ad alto dosaggio e alla chemioterapia con antracicline incrementa il rischio di tromboembolismo venoso nei pazienti con mieloma multiplo ( 28% ) e nei pazienti affetti da carcinoma renale ( 43% ).

Altri studi hanno mostrato un rischio elevato di sviluppare trombosi venose e arteriose nei pazienti con adenocarcinoma del colon-retto e nel carcinoma del polmone non-a-piccole cellule in fase avanzata, trattati con chemioterapia in combinazione a Bevacizumab, un anticorpo monoclonale anti-VEGF ( Vascular Endothelial Growth Factor ) con spiccata attività antiangiogenica. ( Xagena2021 )

Fonte: Lineeguida AIOM 2021 [ Istituto Superiore di Sanità ]

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