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Correlazioni in Medicina



I cannabinoidi nel trattamento della sclerosi multipla


La sclerosi multipla è una malattia immunomediata ad eziologia sconosciuta che colpisce la sostanza bianca del sistema nervoso centrale ( SNC ). In genere, compare tra la seconda e la terza decade con difetti neurologici focali ad esordio acuto o subacuto che tendono successivamente a stabilizzarsi e a regredire spontaneamente nell’arco di qualche settimana.
I sintomi d’esordio colpiscono più di frequente il nervo ottico, il tronco encefalico ed il midollo spinale.

Accanto a questa forma recidivante-remittente, che colpisce circa l’80% dei malati, esiste una forma a decorso secondariamente progressivo ( gli attacchi tendono a lasciare sequele con un conseguente stato permanente di malattia ) e una più rara forma, primariamente progressiva, a localizzazione spesso midollare ed esordio tardivo. Alla disseminazione delle lesioni nel SNC fa riscontro un notevole polimorfismo delle manifestazioni cliniche: segni focali ( neurite ottica, oftalmoplegia o altre neuropatie craniche ) si possono associare a sindromi complesse midollari o cerebellari, con atassia, spasticità, faticabilità, dolore, turbe minzionali, ecc.

La prognosi della sclerosi multipla è molto variabile, sia per l’imprevedibile progressione della malattia sia per la variabilità individuale della risposta ai trattamenti.

Mentre gli attacchi acuti vengono trattati con corticosteroidi, i farmaci registrati in Italia per la prevenzione delle ricadute sono, nella forma recidivante-remittente, il Glatiramer ( Copaxone ), l’Interferone beta-1a ( Avonex, Rebif ) e beta-1b ( Betaseron ) ricombinanti ed il Natalizumab ( Tysabri ) e, nelle forme secondariamente progressive, il solo Interferone beta-1b ricombinante ( nota AIFA 65 ).

Mediamente il 50% dei malati di sclerosi multipla accusa dolore, con una variabilità, a seconda delle casistiche, dal 10% all’86%.
Il dolore può essere una conseguenza diretta delle lesioni a livello del SNC ( dolore centrale ), oppure essere associato ai deficit neurologici e alla conseguente disabilità, in particolar modo, alla spasticità muscolare.

Una casistica italiana, comprendente oltre 1600 malati, mostra che il dolore ha una prevalenza del 43% ed è secondario ad ipertono muscolare spastico nell’11% dei pazienti, mentre il dolore a genesi centrale si manifesta come disestesia nel 18%, fenomeno di Lhermitte nel 9% e nevralgia trigeminale nel 2%.

Spesso i malati di sclerosi multipla necessitano di un trattamento sintomatico relativamente a sindromi dolorose a patogenesi complessa.
Tra i numerosi farmaci sperimentati per il trattamento sintomatico dei disturbi associati alla sclerosi multipla vi sono i derivati della Cannabis sativa, o i cannabinoidi, per i quali da tempo si ipotizza un ruolo nell’alleviare il dolore di origine centrale e quello da spasticità muscolare.

La Cannabis sativa viene utilizzata da millenni come terapia per svariate malattie e sintomi: dall’isteria, alla nausea, al glaucoma e, fin dall’inizio del XX secolo, è stata impiegata in Europa e in USA come sedativo e antidolorifico.
Tuttavia, nei successivi decenni la disponibilità di nuove molecole di analgesici ne ha progressivamente ridotto l’uso, mentre il diffusissimo abuso a scopo voluttuario ha spinto i governi a dichiararne l’illegalità, ponendola tra le sostanze stupefacenti e psicotrope.

Fumare la Cannabis sativa ( hashish, marijuana ) ed i suoi derivati produce un immediato effetto euforizzante, caratterizzato da senso di benessere e di amplificazione percettiva e sensoriale, logorrea, attacchi di riso, distorsione nella percezione temporale.

I più frequenti effetti avversi associati al consumo di Cannabis sativa comprendono: riduzione dei tempi di reazione, ansia, pensieri paranoidi, depressione, disforia e sintomi psicotici ( depersonalizzazione, delirio, allucinazioni ); circa il 17% dei consumatori abituali di marijuana riferisce di averli sperimentati almeno una volta.

Casistiche americane mostrano che il 32%-46% della popolazione generale ha provato almeno una volta la marijuana, con un consumo prevalente nella fascia di età compresa tra i 18 e i 25 anni e un netto declino dopo i 34 anni.

Circa il 10% dei consumatori di Cannabis sativa tende a sviluppare una dipendenza.
Negli utilizzatori abituali di Cannabis sativa, la sospensione provoca una sindrome da astinenza lieve se confrontata ai sintomi causati dalla sospensione di alcol o eroina, che si manifesta soprattutto con irrequietezza, irritabilità, lieve agitazione, insonnia, nausea e crampi muscolari. Inoltre, sembra che il consumo di Cannabis sativa possa aumentare il rischio di sviluppare sindromi psicotiche croniche, quali schizofrenia o depressione, con un effetto dose-risposta.

Le ipotesi su un possibile ruolo terapeutico dei derivati della Cannabis sativa provengono, oltre che da riscontri aneddotici, da sperimentazioni su animali che hanno mostrato un effetto analgesico legato all’azione modulatoria sui meccanismi nocicettivi.
Gli effetti dei cannabinoidi sono legati all’azione su due tipi di recettori: CB1, presenti a livello del SNC ( ippocampo, corteccia cerebrale, area olfattiva, gangli della base, cervelletto e midollo spinale ) e CB2, strettamente correlati alle cellule del sistema immunitario, in particolare, macrofagi.
Sugli stessi recettori agiscono anche i cannabinoidi endogeni ( anandamide, 2-arachidonilglicerolo, palmitoiletanolamide ), il cui ruolo non è del tutto chiaro, anche se le prove disponibili suggeriscono un coinvolgimento nell’elaborazione degli stimoli dolorifici, nei processi cognitivi, nella regolazione dell’attività locomotoria e in alcune funzioni autonomiche ( appetito, vomito, motilità intestinale, broncodilatazione, tono uterino, pressione intraoculare ), oltre che nei processi infiammatori e nella modulazione dell’attività immunitaria.

I derivati della Cannabis sativa possono essere distinti in cannabinoidi naturali e di sintesi. I cannabinoidi naturali vengono prodotti dalle ghiandole epidermiche della Cannabis sativa, situate a livello di diversi organi vegetali ( foglie, stelo e brattea ).
Le principali sostanze psicoattive naturali derivate dalla Cannabis sativa sono il delta-9 Tetraidrocannabinolo ( THC ), il Cannabidiolo ( CBD ) ed il Cannabinolo.

Il THC e il CBD in associazione sono commercializzati per il trattamento del dolore nei pazienti affetti da cancro e da sclerosi multipla sotto forma di spray buccali, in quanto l’assorbimento per via orale di tali sostanze è molto scarso a causa di un importante effetto di primo passaggio epatico.

La ricerca di agonisti ed antagonisti del recettore CB1 ha portato alla scoperta di numerosi cannabinoidi di sintesi, tra i quali il trans-delta-9-Tetraidrocannabinolo ( Dronabinolo ) e il Nabilone hanno indicazioni approvate in alcuni Paesi.
Altri cannabinoidi di sintesi quali il Levonantradolo, l’Acido Ajulemico e il Dexanabinolo non sono al momento disponibili in commercio ma sono oggetto di studi come antidolorifici, antiemetici, e neuroprotettori.

La conduzione di studi sui cannabinoidi è problematica soprattutto a causa delle restrizioni regolatorie e legali vigenti su queste sostanze.

Una revisione sistematica sul ruolo dei cannabinoidi nel controllo del dolore ha identificato solamente 9 studi di buona qualità pubblicati tra il 1975 e il 1997, per un totale di 222 pazienti reclutati.
Una più recente metanalisi, focalizzata sull’uso della Cannabis sativa nel trattamento del dolore neuropatico e associato a sclerosi multipla, ha identificato 7 studi, con un totale di 298 pazienti inclusi.

Le ipotesi sull’efficacia terapeutica della Cannabis sativa e derivati nella terapia sintomatica del dolore e della spasticità associate alla sclerosi multipla sono nate da esperienze aneddotiche di pazienti che, dopo aver fumato marijuana, riferivano un miglioramento del dolore associato alla spasticità. Tuttavia, fumare la Cannabis sativa non è attualmente considerato un metodo terapeutico accettabile in quanto comporta gli ormai noti danni da fumo e introduce nell’organismo, oltre ai cannabinoidi, altre sostanze contenute nella pianta di Cannabis sativa, molte delle quali biologicamente attive e potenzialmente dannose.

Nelle principali linee guida e documenti di technology assessment sulla terapia della sclerosi multipla, i cannabinoidi non vengono riportati tra le terapie consigliate bensì citati come possibili strategie terapeutiche sintomatiche ( soprattutto per la spasticità ed il dolore ad essa associato ) per le quali, tuttavia, non esistono ancora prove sufficienti per formulare raccomandazioni.

Sono riportate due revisioni sistematiche ed una metanalisi sull’uso dei cannabinoidi nei pazienti con sclerosi multipla.
Una revisione sistematica e la metanalisi hanno valutato i risultati di studi randomizzati controllati ( RCT ) sull’efficacia di tali farmaci, rispettivamente nel trattamento dell’atassia e del dolore; gli Autori hanno sottolineato la scarsità di studi metodologicamente validi ed il limitato numero di pazienti inclusi.
Per quanto riguarda l’atassia di origine cerebellare ( anormalità nell’esecuzione dei movimenti volontari che può includere incoordinazione, dismetria, adiadococinesia o tremore; i risultati cumulati di 3 RCT non hanno mostrato differenze statisticamente significative tra il gruppo di trattamento ed il placebo.
In tutti gli studi è stato valutato l’effetto della terapia sul tremore, la cui entità è stata misurata mediante svariate metodiche validate.
La metanalisi di Iskedjian, relativa al dolore neuropatico associato alla sclerosi multipla, misurato mediante scala visuale-analogica ad 11 punti, ha mostrato, invece, differenze a favore dei cannabinoidi che, pur raggiungendo una significatività statistica, possiedono una dubbia rilevanza clinica. Infatti, tra inizio e fine dello studio, vi è un miglioramento di 1,5 punti nel gruppo di intervento e di 0,8 punti nel gruppo placebo, con un effetto terapeutico netto di 0,8 punti a favore dei cannabinoidi.
La revisione sistematica, riferita agli agenti antispastici nella sclerosi multipla, ha reperito solamente due studi cross-over ( per un totale di 34 pazienti affetti da sclerosi multipla e trattati con THC, CBD o una loro associazione ) con risultati contrastanti, sui quali non è stato possibile effettuare un’analisi quantitativa.

Altri studi clinici più recenti, non inclusi nella revisione, hanno fornito risultati discordanti.
Lo studio CAMS ha arruolato 667 pazienti con sclerosi multipla clinicamente stabile e spasticità che sono stati trattati con estratti medicinali della Cannabis sativa, Dronabinolo o placebo.
Dopo 15 settimane non sono state rilevate differenze statisticamente significative tra i pazienti trattati con cannabinoidi e quelli del gruppo placebo in termini di spasticità, misurata mediante i punteggi della scala Ashworth.
Questi risultati vanno interpretati alla luce di un’importante limitazione dello studio: l’elevata incidenza di effetti avversi lievi associati all’assunzione di cannabinoidi ( disequilibrio, sonnolenza, ecc. ), come osservato dagli stessi Autori, ha permesso ai pazienti e ai medici di immaginare quale dei trattamenti veniva utilizzato, inficiando così la cecità dello studio.

Un altro studio RCT cross-over, effettuato su 50 pazienti trattati con estratto di Cannabis sativa, contenente THC e CBD, non ha mostrato differenze statisticamente significative rispetto al placebo sulla spasticità misurata mediante scala Ashworth.

Al contrario, i risultati di un recente studio RCT hanno evidenziato che la somministrazione di THC in associazione con CBD ( Sativex ) per 6 settimane produce un miglioramento statisticamente significativo, ancorché di dubbia rilevanza clinica, della spasticità misurata mediante una scala numerica a 11 punti ( riduzione di 1,8 punti nel gruppo di intervento e di 0,63 punti nel gruppo placebo ).

In uno studio RCT cross-over, 13 pazienti affetti da spasticità dolorosa associata a sindrome del primo motoneurone sono stati randomizzati a ricevere Nabilone o placebo per 9 settimane.
I risultati hanno mostrato un miglioramento consistente in una differenza statisticamente significativa ( riduzione mediana di 2 punti ) del punteggio di una scala analogico-visuale a 11 punti.
Tuttavia, solo 7 dei 13 pazienti inclusi nello studio erano affetti da sclerosi multipla, ed i risultati di questo sottogruppo non sono stati calcolati.

Attualmente non è quindi possibile una valutazione accurata del ruolo della Cannabis sativa nella terapia della spasticità sia a causa di una scarsa comprensione della sua fenomenologia ( fisiopatologia e ricadute delle manifestazioni cliniche sulla vita di relazione ), sia di un’inadeguatezza degli strumenti a disposizione per misurarla.
La validità della scala di Ashworth, lo strumento maggiormente usato negli studi sulla spasticità, è stata infatti messa in discussione; inoltre, i metodi per applicarla e tradurre in punteggio gli elementi clinici sono variabili da uno studio all’altro, rendendo difficile o impossibile una valutazione quantitativa cumulativa.

L’efficacia dei cannabinoidi sui disturbi della minzione è stata indagata da Freeman et al. in un sottogruppo di pazienti reclutati nella studio CAMS, che presentavano incontinenza urinaria da urgenza.
I risultati hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo dell’outcome primario ( riduzione degli episodi di incontinenza da urgenza registrati dal paziente mediante un diario ) sia nei due bracci di trattamento sia nel gruppo placebo.
Inoltre, entrambi i gruppi sottoposti a trattamento con cannabinoidi hanno mostrato un miglioramento significativo rispetto al placebo.
Questi risultati, peraltro promettenti, vanno valutati alla luce delle limitazioni dello studio CAMS.

Gli effetti avversi associati all’uso di cannabinoidi sono frequenti ma di lieve entità: sonnolenza ( 12%-40% ), vertigini ( 35%-50% ), astenia ( 42% ), turbe gastroenteriche ( 37% ), cefalea ( 13% ).
Un solo studio in aperto ha valutato la sicurezza a lungo termine ( media 434 giorni ) degli estratti medicinali della Cannabis sativa ( THC+CBD ) su 137 pazienti con sclerosi multipla già reclutati in uno studio precedente.
Il tasso di abbandono complessivo è stato del 42,3% ( 58 pazienti, dei quali 24 per mancanza di efficacia e 17 per effetti avversi ). Dei 292 effetti avversi segnalati, l’86% erano classificabili come lievi o moderati; tuttavia, il verificarsi di 4 prime crisi epilettiche richiede ulteriori approfondimenti sulla sicurezza dei cannabinoidi a lungo termine.

Conclusioni

Le basi biochimiche del meccanismo d’azione ed i dati derivati da sperimentazioni su animali suggeriscono che i cannabinoidi potrebbero svolgere un ruolo utile nella terapia di alcuni sintomi della sclerosi multipla come la spasticità e il dolore.
La ricerca clinica sull’uomo, pur mostrando in qualche caso modesti benefici rispetto al placebo, non ha finora prodotto risultati convincenti, a causa di casistiche ridotte e frequenti limitazioni metodologiche degli studi.
Inoltre, non esistono confronti diretti tra i derivati della Cannabis sativa e gli altri analgesici disponibili.
Questi dubbi sull’efficacia assumono particolare importanza in considerazione del profilo di sicurezza dei cannabinoidi che, pur essendo globalmente ben tollerati durante brevi periodi di somministrazione, presentano un rischio di abuso e dipendenza e potrebbero associarsi, specialmente a lungo termine, a effetti avversi anche gravi.
Il potenziale ruolo di questi composti nella terapia sintomatica della sclerosi multipla potrà essere chiarito da sperimentazioni cliniche controllate adeguatamente condotte, utilizzando composti di sintesi e da eventuali nuove acquisizioni sulla biochimica dei cannabinoidi endogeni e dei loro recettori. ( Xagena2007 )

Fonte: BIF- Bollettino d’Informazione sui Farmaci, 2007


Farma2007 Neuro2007

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