Rigidità arteriosa e progressione dei cambiamenti strutturali del cervello
Sono state esaminate le associazioni trasversali e prospettiche tra rigidità arteriosa e cambiamenti strutturali del cervello all'interno dello studio SMART-MR ( Second Manifestations of Arterial Disease–Magnetic Resonance ), uno studio prospettico di coorte tra i pazienti con malattia arteriosa manifesta.
Misurazioni della distensione delle arterie carotidi comuni e una risonanza magnetica del cervello sono state effettuate in 526 pazienti ( età media 59 anni ).
Dopo un follow-up medio di 4.1 anni, la risonanza magnetica cerebrale è stata ripetuta in 308 pazienti.
La segmentazione del cervello è stata utilizzata per quantificare il volume totale del cervello, il volume corticale della materia grigia, il volume ventricolare e il volume della lesione della sostanza bianca in relazione al volume intracranico.
Gli infarti sono stati valutati visivamente.
All’analisi trasversale di regressione multivariata è emerso che 1 diminuzione della deviazione standard ( SD ) nella distensione della carotide, indicante un aumento della rigidità arteriosa, è stata associata a più piccoli volumi del cervello totali e volumi corticali di materia grigia ( B= -0.24% e B= -0.47% ), con un maggiore volume della lesione della sostanza bianca ( B=0.09% ) e con un più alto rischio di avere infarti cerebrali non-lacunari ( corticali o grandi sottocorticali ) ( rischio relativo, RR=1.44 ).
Tuttavia, i risultati hanno dimostrato che la distensione della carotide non era significativamente associata a progressione della atrofia cerebrale, volume della lesione della sostanza bianca, o infarti cerebrali.
In conclusione, in questa popolazione di pazienti con malattia arteriosa manifesta, l’irrigidimento delle arterie carotidi era trasversalmente associato a maggiore atrofia cerebrale, volume della lesione della sostanza bianca e infarti non-lacunari, ma non ha portato a cambiamenti di volume del cervello o infarti dopo 4 anni. ( Xagena2015 )
Jochemsen HM et al, Neurology 2015;84:448-455
Neuro2015