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Correlazioni in Medicina



Mieloma multiplo di nuova diagnosi: Daratumumab associato a Bortezomib, Lenalidomide e Desametasone possibile nuovo standard di cura per i pazienti idonei al trapianto


I risultati dello studio di fase 3 PERSEUS hanno mostrato che nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi candidabili al trapianto autologo di cellule staminali, il trattamento con Daratumumab per via sottocutanea ( Darzalex Faspro ) alla tripletta formata da Bortezomib, Lenalidomide e Desametasone ( VRd ) ha dimostrato di migliorare gli esiti in questa popolazione di pazienti rispetto alla sola tripletta VRd.
In particolare, l’induzione con la quadripletta D-VRd, seguita dal trapianto autologo, dal consolidamento con D-VRd e da un mantenimento con Daratumumab e Lenalidomide ha migliorato in modo significativo i tassi di risposta e di sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) rispetto all’induzione con VRd, il trapianto e il consolidamento con VRd, seguiti dal mantenimento con la sola Lenalidomide.

Nel gruppo trattato con D-VRd è stata riscontrata una riduzione del rischio di progressione o decesso quasi del 60%, con quasi il 20% in più di risposte complete o risposte complete stringenti, rispetto alla tripletta.
Inoltre, misurando la malattia minima residua ( MRD ) con una sensibilità di 10-6, il tasso di negatività per MRD è risultato più che raddoppiato, e superiore al 65%, nei pazienti trattati con D-VRd.

Lo studio PERSEUS ha incluso 709 pazienti adulti con mieloma multiplo di nuova diagnosi di età compresa fra i 18 e i 70 anni ed idonei alla chemioterapia ad alte dosi e al trapianto autologo di cellule staminali.
I pazienti dovevano avere un performance status ECOG non-superiore a 2.

I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale secondo un rapporto 1:1 al trattamento con D-VRd o con il solo regime VRd.
Tutti i pazienti hanno effettuato 4 cicli di VRd come trattamento di induzione prima del trapianto, e 2 cicli di VRd come consolidamento post-trapianto, seguiti da mantenimento con Lenalidomide fino a progressione della malattia.
I pazienti del braccio assegnato a D-VRd sono stati trattati anche con Daratumumab settimanalmente nei primi due cicli, ogni 2 settimane nei cicli dal terzo al sesto e ogni 4 settimane durante la terapia di mantenimento fino a progressione della malattia o al raggiungimento della negatività della malattia minima residua. Nel caso in cui i pazienti diventavano nuovamente positivi alla malattia minima residua, potevano riprendere il mantenimento con Daratumumab.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione, mentre gli endpoint secondari comprendevano il tasso complessivo di risposta completa o migliore ( risposta completa stringente ), il tasso di negatività per malattia minima residua e la sopravvivenza globale ( OS ).

Le caratteristiche di base dei partecipanti erano ben bilanciate nei due bracci. A un follow-up mediano di 47,5 mesi, l’89,5% dei pazienti nel braccio assegnato a D-VRd e l’86,2% in quello di controllo avevano completato l’induzione e il consolidamento; rispettivamente l’89,7% e l’87,% sono stati sottoposti a trapianto autologo e rispettivamente il 91,7% e l’86,5% hanno iniziato la terapia di mantenimento.

Lo studio ha centrato l'endpoint primario. Infatti, con un follow-up di 47,5 mesi, i tassi stimati di sopravvivenza libera da progressione a 48 mesi sono risultati dell’84,3% nel braccio D-VRd versus 67,7% nel braccio VRd, con una riduzione significativa del rischio di progressione o morte, pari al 58%, a favore del trattamento con la quadripletta ( hazard ratio, HR 0,42; IC 95% 0,30-0,59; P minore di 0,0001 ).
Il tasso complessivo di risposta completa o migliore è risultato dell’87,9% nel braccio sperimentale versus 70,1% nel braccio di controllo ( OR 3,13; IC 95% 2,11-4,65; P minore di 0,0001 ).

Il tasso di negatività per malattia minima residua è risultato superiore per i pazienti trattati con D-VRd. Quando la malattia minima residua è stata misurata con una sensibilità di 10-5, il tasso di negatività per MRD è risultato del 75,2% con D-VRd versus 47,5% con VRd ( OR 3,40; IC 95%, 2,47-4,69; P minore di 0,0001 ), mentre quando la valutazione è stata effettuata con una sensibilità di 10-6, il tasso di negatività per MRD è risultato rispettivamente del 65,1% versus 32,2% ( OR 3,97; IC 95% 2,90-5,43; P minore di 0,0001 ).
Il tasso di negatività per MRD, misurata con una sensibilità di 10-5, mantenuta per almeno 12 mesi è risultato più che raddoppiato nel braccio sperimentale rispetto a quello di controllo: 64,8% versus 29,7%.

I dati di sopravvivenza globale erano immaturi al momento dell’analisi, ma p stata osservata una tendenza verso un miglioramento di questo endpoint con la quadripletta.

Gli eventi avversi più comuni di qualsiasi grado nei bracci D-VRd e VRd sono stati: neutropenia ( 69,2% vs 58,8% ), trombocitopenia ( 48,4% vs 34,3% ), neuropatia sensoriale periferica ( 53,6% vs 51,6% ), e infezioni ( 86,9% vs 76,7% ).
L’alto tasso di infezioni era dovuto in parte all’infezione da virus SARS-CoV-2, che ha interessato, rispettivamente, il 35% e il 23,9% dei pazienti.

Ci sono stati 34 decessi nel braccio D-VRd e 44 nel braccio VRd. ( Xagena2023 )

Sonneveld P et al, Blood 2023; 142 ( Supplement 2 ):LBA-1 [ 65th American Society of Hematology Annual Meeting 2023 ]

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