Inibitori dell'integrasi per il trattamento dell’infezione da HIV-1
I farmaci attivi contro l'HIV di tipo 1 ( HIV-1 ) che colpiscono l’integrasi virale, inibendo il passaggio strand-transfer di integrazione, sono ormai entrati nell'abituale uso clinico. Raltegravir ( Isentress) è il primo farmaco di questa nuova classe. Studi clinici in pazienti già trattati e in pazienti naive al trattamento hanno dimostrato che i regimi terapeutici contenenti Raltegravir hanno una potente attività antiretrovirale e sono ben tollerati.
La resistenza ai farmaci emerge in modo relativamente frequente nei pazienti nei quali la terapia ha fallito, ed è associata a mutazioni del gene che codifica per l'enzima integrasi. Anche se spesso tali mutazioni conferiscono resistenza crociata agli altri inibitori dell'integrasi, i nuovi agenti in via di sviluppo appaiono promettenti come potenziali inibitori dell'integrasi di seconda generazione.
Alla fine del 1980 sono stati individuati tre processi enzimatici virali HIV-specifici.
Sebbene gli inibitori della trascrittasi inversa e gli inibitori della proteasi siano diventati disponibili per l'uso clinico in tempi abbastanza rapidi, l'inibizione del processo di integrazione virale è risultato più sfuggente, e il primo inibitore dell'attività di strand transfer dell'integrasi ( INSTI ), il Raltegravir, solo recentemente è entrato nell'uso clinico.
L'integrazione è un elemento essenziale del ciclo di replicazione del virus HIV di tipo 1, e consente il trasferimento del DNA virale nel cromosoma ospite. Il processo avviene in tre fasi: formazione di un complesso di DNA virale pre-integrazione; trasformazione; strand transfer.
Raltegravir inibisce il passaggio strand transfer, probabilmente interagendo con cationi bivalenti del nucleo catalitico della integrasi.
Questa inibizione fornisce potente attività in vitro contro un'ampia gamma di ceppi di HIV-1 ( compresi i sottotipi non-B ), così come gli HIV-2 isolati. Inoltre, a causa della loro modalità d'azione unica, gli inibitori dell'integrasi conservano l'attività nei confronti dei virus isolati che hanno acquisito resistenza ad altre classi di farmaci antiretrovirali.
Impiego in pazienti già trattati
La mancanza di resistenza crociata nei pazienti in cui è fallita la terapia antiretrovirale è stata un primo passo logico per l'utilizzo di una nuova classe di agenti come gli inibitori dell'integrasi.
Lo studio pilota BENCHMRK ha dimostrato che Raltegravir è risultato molto efficace nel raggiungere la soppressione virale quando combinato con un regime di base ottimizzato.
Dopo 96 settimane di terapia, il 57% di coloro che hanno ricevuto Raltegravir aveva raggiunto la soppressione virale ( livelli plasmatici di HIV-1 RNA inferiore a 50 copie/ml ) rispetto al 26% di quelli che avevano assunto placebo ( cioè, solo terapia ottimizzata ).
L'analisi per sottogruppi ha mostrato che i risultati migliori sono stati osservati quando Raltegravir è stato somministrato assieme a due nuovi farmaci, attivi anche contro il virus del paziente ( nella maggior parte dei casi, questi due agenti sono stati Darunavir e Enfuvirtide ). In questi casi, il 79% dei pazienti ha raggiunto una soppressione virale, rispetto al 63% dei pazienti trattati con placebo.
Comunque, anche in pazienti senza opzioni alternative, un numero sorprendentemente elevato ( 41-48% ) ha raggiunto soppressione virale sostenuta con l'impiego di Raltegravir, rispetto al placebo ( 5% i tassi di risposta ).
Altre analisi di sottogruppi hanno dimostrato che Raltegravir è risultato sempre efficace in ogni gruppo di pazienti, anche quelli con fattori prognostici tradizionalmente sfavorevoli, come l'elevata carica virale di RNA-HIV o bassa conta CD4 all'inizio della terapia.
Un significativo miglioramento immunologico è stato visto anche con la conta di CD4 in aumento da una media di 123 cellule/mm3 nel gruppo Raltegravir ( a fronte di un aumento medio di 49 cellule/mm3 nel gruppo placebo ).
Raltegravir in questi studi è risultato sicuro, con tassi di gravi eventi avversi clinici o di laboratorio simili nei due gruppi di pazienti.
L’analisi di tutti gli studi randomizzati con Raltegravir hanno mostrato che l’incidenza di tumore era più bassa nei pazienti trattati con Raltegravir.
Impiego in pazienti naive al trattamento
Data la potenza degli inibitori dell’attività dell’integrasi e la relativa sicurezza del Raltegravir dimostrata nelle prove iniziali, c'è stato un considerevole interesse a esplorare il suo ruolo in pazienti naive al trattamento.
Uno studio iniziale, finalizzato alla ricerca del dosaggio più adeguato per i pazienti non-trattati in precedenza, ha dimostrato che i tassi di soppressione virale dopo 24 settimane con Raltegravir erano simili a quelli ottenuti con Efavirenz ( entrambi su una base di Tenofovir ed Emtricitabina ), anche se i pazienti che avevano ricevuto Raltegravir hanno raggiunto una riduzione più rapida della carica virale nel corso delle iniziali 8 settimane di terapia.
L'efficacia di Raltegravir è stata stabilita in modo più definitivo con lo studio STARTMRK, che ha coinvolto 563 pazienti con infezione da virus HIV, precedentemente non-trattati, assegnati casualmente a ricevere 400 mg di Raltegravir 2 volte al giorno, o 600 mg di Efavirenz 1 volta al giorno, ciascuno in combinazione con dosi fisse di Tenofovir / Emtricitabina.
Questo studio ha concluso che Raltegravir non è inferiore a Efavirenz, con l'86% dei pazienti trattati con Raltegravir e l'82% dei pazienti trattati con Efavirenz che hanno raggiunto la soppressione virale ( HIV-1 RNA inferiore a 50 copie/ml ) a 48 settimane.
Come è stato osservato nei primi studi, il trattamento con Raltegravir è stato associato a risposte virologiche più rapide. Inoltre, Raltegravir è stato associato a un modesto ma significativo maggiore incremento nella conta delle cellule CD4+ rispetto a Efavirenz, anche se è improbabile che la differenza sia clinicamente rilevante.
L'analisi dei sottogruppi ha confermato la non-inferiorità di Raltegravir rispetto a Efavirenz in tutti i sottogruppi di pazienti, inclusi quelli con elevato HIV-1 RNA e CD4+ inferiore a 200 cellule/mm3.
Sebbene entrambi i regimi di trattamento siano stati ben tollerati, sono stati osservati meno eventi avversi per il sistema nervoso centrale nei pazienti trattati con Raltegravir rispetto a quelli trattati con Efavirenz.
Nel considerare il ruolo a lungo termine di Raltegravir, si nota che i cambiamenti dei livelli di lipidi nel braccio Raltegravir sono stati più favorevoli rispetto a quelli osservati con Efavirenz. Dopo 48 settimane di trattamento, il colesterolo totale è aumentato dal basale in media di 0.55 mmol/L per i pazienti trattati con Raltegravir rispetto a 1.82 mmol/L per il braccio Efavirenz. Ci sono state anche notevoli variazioni nei livelli dei trigliceridi, sebbene non ci fosse alcuna differenza significativa nei cambiamenti dei rapporti tra livelli di colesterolo totale e colesterolo HDL a 48 settimane.
La maggior parte delle prime esperienze ha coinvolto una valutazione del Raltegravir in combinazione con un inibitore nucleosidico ( o nucleotidico ) della trascrittasi inversa ( NRTI ).
Diversi recenti studi hanno esaminato combinazioni di Raltegravir con un inibitore della proteasi come opzione alternativa agli NRTI nei pazienti naive al trattamento.
La combinazione di Raltegravir più Lopinavir potenziato con Ritonavir ha avuto esiti virologici a 48 settimane simili a quelli di una combinazione di Raltegravir, Tenofovir, Emtricitabina, anche se i livelli lipidici erano più bassi nella combinazione con una base di NRTI, riflettendo probabilmente l’effetto di riduzione dei lipidi di Tenofovir.
Al contrario, un piccolo studio di valutazione di Raltegravir e Atazanavir ( non-potenziato ) è stato chiuso dal Safety Monitoring Committee a causa di un maggior numero di fallimenti virologici e per i livelli di bilirubina più elevati rispetto al gruppo di controllo, che aveva ricevuto Ritonavir potenziato con Atazanavir più Tenofovir, Emtricitabina.
I due studi non possono essere confrontati direttamente ma dovrebbero suggerire cautela, e indicano che sono necessari ulteriori studi su nuove combinazioni ( soprattutto nei pazienti con alta carica virale ) prima che i regimi terapeutici alternativi agli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa che comprendono Raltegravir possano essere ampiamente raccomandati.
Secondo i risultati di questi studi, dove può essere collocato Raltegravir negli attuali approcci terapeutici per i pazienti che iniziano la terapia per l'HIV ?
La combinazione di Efavirenz, Emtricitabina e Tenofovir è riconosciuta come gold standard nella terapia antivirale per i pazienti naive al trattamento. Il fatto che la combinazione di Raltegravir, Tenofovir ed Emtricitabina non sia inferiore dal punto di vista virologico, e sia almeno altrettanto ben tollerata la rende una valida opzione come alternativa.
Un limite in molti pazienti naive al trattamento può essere la necessità di una somministrazione due volte al giorno. I regimi con un dosaggio una volta la giorno ( se fondati su una base di Efavirenz o inibitori delle proteasi potenziati con Ritonavir ) sono generalmente preferiti nella maggior parte dei pazienti naive al trattamento.
La scelta della terapia iniziale è anche fortemente influenzata dalla tossicità a lungo termine ( come ha dimostrato l'esperienza con lipoatrofia e aumento del rischio cardiovascolare ).
Gli antiretrovirali come Efavirenz e gli inibitori della proteasi potenziati con Ritonavir sono stati ampiamente utilizzati come farmaci di prima linea e hanno dimostrato di essere efficaci, durevoli e generalmente sicuri.
Dal momento che Raltegravir è un nuovo farmaco di una nuova classe, un’esperienza di lunga durata in terapie iniziali è limitata, come lo è il suo uso in combinazione con altri farmaci che non siano Tenofovir e Emtricitabina.
Impiego in altre situazioni cliniche
Una serie di studi ha esaminato la sostituzione di Enfuvirtide con Raltegravir in pazienti con virus resistente.
Studi in aperto di piccole dimensioni hanno mostrato il successo della sostituzione, con oltre il 90% dei pazienti che ha mantenuto viremia non-rilevabile dopo 48 settimane.
Due ampi studi hanno esaminato la strategia di passaggio da un inibitore della proteasi potenziato con Ritonavir a Raltegravir, con risultati leggermente diversi. Lo studio SWITCHMRK ha confrontato l'efficacia virologica e i parametri metabolici in 702 pazienti con HIV-1 RNA non-rilevabile per più di 3 mesi su un regime di Lopinavir e Ritonavir, più almeno due inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale alla sostituzione di Lopinavir e Ritonavir con Raltegravir oppure alla continuazione di Lopinavir e Ritonavir ( l’assunzione di inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa non è stata modificata ).
A 24 settimane, la percentuale di pazienti che ha mantenuto valori di HIV-1 RNA inferiori a 50 copie/ml è stata del 6% maggiore tra i pazienti del braccio Lopinavir e Ritonavir rispetto a quelli che sono passati a Raltegravir; questa differenza è stata tale che la strategia di sostituzione non è riuscita a soddisfare i criteri per la non-inferiorità virologica.
Nel complesso, il confermato fallimento virologico ( HIV-1 RNA maggiore di 50 copie/ml ) si è verificato in 32 pazienti trattati con Raltegravir e in 17 che hanno continuato ad assumere Lopinavir e Ritonavir.
Per contro, lo studio SPIRAL ha incluso 273 pazienti che hanno manifestato soppressione virale per almeno 6 mesi; i pazienti sono stati assegnati a passare a Raltegravir o a continuare con un inibitore della proteasi potenziato con Ritonavir.
A 48 settimane, non è stata riscontrata alcuna differenza nei tassi di fallimento virale ( 3.1% nel braccio Raltegravir e 4.9% nei soggetti rimasti in terapia con inibitori della proteasi ).
Lo studio ha dimostrato la non-inferiorità della strategia di sostituzione.
In entrambi gli studi, il profilo lipidico è risultato più favorevole nel braccio Raltegravir.
Una differenza importante negli studi potrebbe essere stata il grado e la durata della soppressione virale prima della sostituzione. I pazienti nello studio SPIRAL sembravano aver avuto un lungo periodo di soppressione virale.
Nello studio SWITCHMRK, la maggior parte dei pazienti che ha fallito dopo il passaggio a Raltegravir ( 84% ) non era alla prima terapia antiretrovirale. Infatti, il 66% di questi aveva già documentato un fallimento virologico.
Gli elevati tassi di fallimento virologico nei pazienti con una storia di fallimento del trattamento preliminare con altri regimi terapeutici suggeriscono che ci può essere stata resistenza agli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa, non clinicamente distinguibile a causa del potente effetto di Lopinavir e Ritonavir. A questo proposito, le prove dello studio SWITCHMRK sembrano essere simili ai primi studi che hanno valutato il passaggio da un regime con inibitori della proteasi a regimi con triplo inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa, tra cui Abacavir.
In questi studi, la strategia di sostituzione ha avuto più probabilità di fallire se la storia del trattamento o i test di resistenza disponibili ( dai fallimenti precedenti ) indicavano la presenza di mutazioni di resistenza agli inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa. Tenendo presente questo fatto, è necessaria cautela nel passare da un regime terapeutico di successo a Raltegravir più inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa in pazienti con una vasta esperienza con gli NRTI ( specialmente quelli con documentato predente fallimento con gli NRTI ).
Al contrario, il passaggio a Raltegravir più inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa potrebbe essere ancora considerato ragionevole in pazienti selezionati, soppressi virologicamente, senza una storia di fallimento virologico con regimi contenenti NRTI, soprattutto pazienti con significativa dislipidemia indotta dal trattamento.
Resistenza
Come con la maggior parte degli agenti antiretrovirali, il fallimento della terapia durante il trattamento con Raltegravir è generalmente associato alla comparsa di mutazioni nella regione integrasi del genoma virale.
La maggior parte dei dati di resistenza clinici siano derivati dagli studi BENCHMRK, che comprendevano un numero sostanziale di pazienti che ricevevano monoterapia funzionale.
Inoltre, negli studi STARTMRK, 3 pazienti su 8 che avevano fallito la terapia a base di Efavirenz hanno sviluppato mutazioni di resistenza agli inibitori non-nucleosidici della trascrittasi inversa, e 4 soggetti su 12 che avevano fallito con Raltegravir hanno sviluppato mutazioni specifiche. Questo ha indicato che, in questa impostazione, la barriera per la resistenza è stata relativamente bassa e che Raltegravir si è dimostrato più simile a Efavirenz di un inibitore della proteasi potenziato.
Tre importanti mutazioni di resistenza sono già state descritte: N155H, Q148H/K/R e Y143R ( quest'ultima è la meno frequente ).
Ulteriori mutazioni spesso si accumulano quando i pazienti che hanno fallito una terapia continuano a prendere farmaci. Questo fatto è spesso associato a un aumento della resistenza virale.
Ciò suggerisce che l'accumulo di ulteriori mutazioni possa agire in maniera simile all’accumulo di mutazioni dell’inibitore della proteasi, in cui la seconda e le successive mutazioni possono funzionare per compensare la ridotta attività virale indotta dalla prima mutazione.
Le mutazioni indotte da Raltegravir sembrano causare un alto livello di resistenza all’inibitore dell'integrasi sperimentale Elvitegravir. Tuttavia, la situazione è meno prevedibile con altri inibitori dell’integrasi sperimentali, e dipende dal modello di resistenza a Raltegravir. ( Xagena2010 )
Powderly WG, J Antimicrob Chemother, 2010; first published online
Farma2010 Inf2010