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Correlazioni in Medicina



Terapia di mantenimento con Niraparib nel tumore alle ovaie recidivante Platino-sensibile


Niraparib è un inibitore orale della poli-ADP-ribosio polimerasi ( PARP ) 1/2 che ha dimostrato attività clinica nei pazienti con cancro ovarico.
E’ stata valutata l'efficacia di Niraparib rispetto al placebo come trattamento di mantenimento per le pazienti con carcinoma ovarico ricorrente Platino-sensibile.

In uno studio randomizzato, in doppio cieco, di fase 3, le pazienti sono state classificate in base alla presenza o assenza di una mutazione della linea germinale BRCA ( coorte gBRCA e coorte non-gBRCA ) e al tipo di mutazione non-gBRCA e sono state randomizzate a ricevere Niraparib ( 300 mg ) oppure placebo una volta al giorno.

L'endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione.

Delle 553 pazienti arruolate, 203 erano nella coorte gBRCA ( 138 assegnate a Niraparib e 65 a placebo ), e 350 pazienti erano nella coorte non-gBRCA ( 234 assegnate a Niraparib e 116 a placebo ).

Le pazienti nel gruppo Niraparib hanno presentato una durata mediana significativamente più lunga della sopravvivenza libera da progressione rispetto a quelle nel gruppo placebo, comprendente 21.0 vs 5.5 mesi nella coorte gBRCA ( hazard ratio, HR=0.27 ), rispetto a 12.9 mesi vs 3.8 mesi nella coorte non-gBRCA per le pazienti che avevano tumori con carenza di ricombinazione omologa ( HRD ) ( HR=0.38 ) e 9.3 mesi vs 3.9 mesi nella coorte non-gBRCA complessiva ( HR=0.45; P minore di 0.001 per tutti e tre i confronti ).

I più comuni eventi avversi di grado 3 o 4 che sono stati segnalati nel gruppo Niraparib sono stati trombocitopenia ( 33.8% ), anemia ( 25.3% ) e neutropenia ( 19.6% ), che sono stati gestiti con modifiche del dosaggio.

In conclusione, tra le pazienti con tumore all’ovaio ricorrente Platino-sensibile, la durata mediana della sopravvivenza libera da progressione è risultata significativamente più alta tra coloro che hanno ricevuto Niraparib che tra quelle trattate con placebo, indipendentemente dalla presenza o assenza di mutazioni gBRCA o dallo stato di deficit della ricombinazione omologa, con moderata tossicità per il midollo osseo. ( Xagena2016 )

Mirza MR et al, N Engl J Med 2016; 375: 2154-2164

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