Esito clinico a 10 anni dopo la randomizzazione al trattamento con stent coronarici a rilascio di Sirolimus o Paclitaxel
Gli stent coronarici a rilascio prolungato di farmaci di prima generazione ( DES ) sono stati introdotti nel 2003-2004, e il loro uso ha determinato una considerevole riduzione dello sviluppo di ristenosi in-stent al costo di un aumento del rischio di trombosi tardive dello stent.
Sono stati seguiti gli esiti clinici di pazienti inclusi in un ampio studio randomizzato di 10 anni per consentire il rilevamento di variazioni tardive dei tassi di eventi annuali che potevano richiedere cure mediche.
In totale 2.098 pazienti non-selezionati ( 50% con sindrome coronarica acuta ) sono stati assegnati in modo casuale a un impianto di stent medicati di prima generazione.
Lo studio ha registrato la comparsa di un evento cardiaco avverso maggiore ( MACE ) valutato come composito di morte cardiaca, infarto miocardico e rivascolarizzazione del vaso bersaglio.
Sono state anche valutate le trombosi dello stent.
Dei 2.098 pazienti non-selezionati, il 73.1% era ancora vivo dopo 10 anni.
Durante il periodo di follow-up, MACE si è verificato in 346 pazienti ( 32.5% ) nel gruppo trattato con uno stent a rilascio di Sirolimus e in 342 pazienti ( 33.1% ) nel gruppo trattato con uno stent a rilascio di Paclitaxel ( hazard ratio, HR=0.96; P=0.60 ), con un tasso annuo costante del 2.6% dopo il primo anno.
Trombosi dello stent accertata, probabile e possibile si è verificata in 279 pazienti ( 13.3% ), senza differenze tra i tipi di stent e con un tasso annuo costante dell'1.3% dopo il primo anno.
In conclusione, tra i pazienti sopravvissuti, il tasso di MACE annuale a lungo termine e il tasso di trombosi dello stent sono risultati costanti per entrambi i tipi di stent, senza apparenti cambiamenti tardivi.
Sebbene non vi sia bisogno di cure mediche straordinarie per questi pazienti, l'assenza di diminuzione dei tassi di eventi annuali richiede una sorveglianza continua. ( Xagena2017 )
Galløe AM et al, J Am Coll Cardiol 2017; 69: 616-624
Cardio2017