Riduzione della mortalità cardiaca con Bivalirudina in pazienti con infarto STEMI con e senza sanguinamento maggiore
Si è determinato se, in pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento ST ( STEMI ) sottoposti a intervento coronarico percutaneo ( PCI ), la riduzione della mortalità cardiaca nei soggetti trattati con Bivalirudina ( Angiomax, Angiox ), rispetto all’Eparina non-frazionata più un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa ( UFH + GPI ) possa essere completamente attribuita a un ridotto sanguinamento.
L'associazione tra complicanze emorragiche e mortalità può spiegare il beneficio di sopravvivenza con Bivalirudina.
In totale, 3.602 pazienti con infarto STEMI sottoposti a intervento coronarico percutaneo primario sono stati randomizzati a Bivalirudina versus UFH + GPI.
La mortalità cardiaca a 3 anni è stata analizzata nei pazienti con e senza sanguinamento maggiore.
Quando è stata confrontata con Eparina non-frazionata + inibitore della glicoproteina IIb/IIIa, la Bivalirudina ha comportato più bassi tassi di sanguinamento maggiore a 3 anni ( 6.9% vs 10.5%, hazard ratio, HR=0.64, P minore di 0.0001 ) e di mortalità cardiaca ( 2.9% vs 5.1%, HR=0.56, P=0.001 ).
La mortalità cardiaca a 3 anni si è ridotta nei pazienti trattati con Bivalirudina con sanguinamento maggiore ( 20 decessi in meno con Bivalirudina; 5.8% vs 14.6%, P=0.025 ) e senza sanguinamento maggiore ( 18 morti in meno con Bivalirudina; 2.6% vs 3.8%, P=0.048 ).
In un modello multivariato completamente aggiustato per il sanguinamento maggiore e altri eventi avversi, la Bivalirudina è risultata ancora associata a una riduzione del 43% nella mortalità cardiaca a 3 anni ( HR aggiustato: 0.57, P=0.003 ).
In conclusione, la Bivalirudina riduce la mortalità cardiaca nei pazienti con infarto STEMI sottoposti a procedura primaria PCI, un effetto che può solo in parte essere attribuito alla prevenzione del sanguinamento.
Sono necessari ulteriori studi per individuare i benefici non-ematologici della Bivalirudina. ( Xagena2014 )
Stone GW et al, J Am Coll Cardiol 2014; 63: 15-20
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