La malattia dei piccoli vasi è correlata a una scarsa sopravvivenza post-ictus
È stato condotto uno studio per comparare la sopravvivenza a lungo termine post-ictus nella malattia dei piccoli vasi rispetto a quella nel sottotipo di ictus senza malattia dei piccoli vasi.
Pazienti ospedalizzati con ictus ischemico acuto ( età 55-85 anni ) sono stati seguiti per 12 anni.
La diagnosi di malattia dei piccoli vasi è stata basata sui criteri del Trial of Org 10172 in Acute Stroke Treatment, e sono state ottenute informazioni dettagliate sulla storia medica relativa a fattori di rischio rilevanti.
La gravità dell’ictus è stata valutata utilizzando la scala Rankin modificata ( mRS ) a 3 mesi.
L’influenza del sottotipo di ictus con malattia dei piccoli vasi è stata analizzata utilizzando l’analisi log-rank di Kaplan-Meier con la morte per tutte le cause come endpoint ed è stato costruito un modello di regressione a rischi proporzionali di Cox per l’analisi multivariata.
Dei 486 pazienti, l’eziologia dell’ictus era rappresentata dalla malattia dei piccoli vasi in 63 pazienti ( 13.0% ).
La sopravvivenza mediana è stata pari a 4.3 anni per la malattia dei piccoli vasi e 7.9 per il sottotipo senza malattia dei piccoli vasi ( p minore o uguale a 0.001 ).
All’analisi di regressione di Cox aggiustata per fattori confondenti rilevanti, i predittori indipendenti di morte sono stati malattia dei piccoli vasi ( hazard ratio [ HR ] 1.60 ), età avanzata ( HR=1.07 ), gravità dell’ictus ( mRS 3-5 vs 1-2; HR=2.02 ), fumo ( HR=1.44 ) e scompenso cardiaco ( HR=1.53 ).
La malattia dei piccoli vasi è risultata associata a causa cardiaca del decesso ( p=0.021 ).
In conclusione, questa coorte ben caratterizzata di ictus ischemico costituita da pazienti di età compresa tra 55 e 85 anni con un follow-up di 12 anni, l’ictus acuto attribuibile a malattia dei piccoli vasi è risultato associato a una peggiore sopravvivenza a lungo termine e a un maggior rischio di decesso rispetto ad altri sottotipi di ictus. ( Xagena2011 )
Melkas S et al, Neurology 2011; 76: 734-739
Neuro2011 Cardio2011