Patologie del feto e dei suoi annessi: toxoplasmosi
La toxoplasmosi è una malattia trasmessa dal protozoo Toxoplasma gondii. L’infezione è molto diffusa, ma generalmente asintomatica e di scarso rilievo clinico; tuttavia, può manifestarsi in forme molto gravi nei soggetti immunodepressi, nei quali coinvolge il sistema nervoso.
Toxoplasma gondii è un protozoo ospite-obbligato e definitivo del gatto, che si infetta con l’ingestione di roditori o uccelli selvatici, o ancora, occasionalmente, leccandosi il pelo inquinato da feci di animali infetti.
A una settimana dal contagio il gatto libera le oocisti nell’ambiente attraverso le feci per circa due settimane ( tempo di guarigione spontaneo della malattia ). Le oocisti, a loro volta, entro pochi giorni diventano altamente infettanti.
L’uomo si può contagiare accarezzando il gatto con il pelo imbrattato di oocisti e portandosi poi le mani alla bocca, ingerendo verdure contaminate da feci di gatti infetti e lavate poco accuratamente, o consumando carni bovine, suine o ovine poco cotte, all’interno delle quali avviene la sporulazione di Toxoplasma.
Appena il gatto ingerisce una cisti tissutale contenente bradizoiti ( la forma parassitaria presente nei tessuti degli ospiti infetti ), questi, raggiunto il lume intestinale, liberano i parassiti, che dopo diversi stadi intermedi formano i gameti.
La fusione dei gameti forma lo zigote, espulso poi sotto forma di oocisti non sporulate attraverso le feci. La sporulazione, ossia la liberazione degli sporozoiti, avviene dopo due o tre giorni di esposizione all’aria e a temperatura ambiente.
Gli sporozoiti vengono ingeriti dall’ospite intermedio, tra cui l’uomo, nel cui intestino tenue formano i tachizoiti, la forma infettante di toxoplasma, in grado di infettare tutte le cellule dell’organismo ad eccezione degli eritrociti.
In caso di infezione in corso di gravidanza si può verificare una trasmissione di Toxoplasma al feto attraverso passaggio transplacentare.
Il rischio di trasmissione fetale è nullo se l’infezione avviene almeno 6 mesi prima del concepimento, e diventa inversamente proporzionale all’intervallo tra infezione e concepimento.
Nel primo trimestre di gravidanza, infatti, la percentuale di infezione transplacentare è bassa; essa aumenta invece con l’avanzare dell’età gestazionale.
La gravità dell’infezione per il feto è tanto più alta quanto più precoce è l’infezione materna, in conseguenza dell’immaturità del sistema immunitario fetale.
Gli anticorpi specifici della toxoplasmosi ( IgM ) si sviluppano entro 10 giorni dall’infezione ( a differenza delle IgG che compaiono entro 2 settimane ), restano elevati per 6-16 settimane, raggiungono il picco intorno alla 6a-8a settimana, dopodiché decrescono nei mesi successivi e rimangono tali per tutta la vita.
Alla luce di quanto esposto, per una datazione dell’infezione è fondamentale dosare il titolo anticorpale.
Attualmente, le indagini sierologiche maggiormente in uso comprendono tecniche immunoenzimatiche come l’ELISA, immunofluorescenza diretta ( IFA ), test degli anticorpi specifici IgG, e PCR su liquido amniotico per dimostrare la presenza di DNA del parassita.
Nei neonati viene anche eseguita la ricerca delle IgA, obbligatoria in quanto in molti neonati apparentemente asintomatici si possono sviluppare gravi sindromi cliniche per interessamento del sistema nervoso centrale; per questo motivo viene anche eseguito un esame oculare, del liquor, e una radiografia del cranio.
A fini preventivi, è importantissimo soprattutto evitare il contatto con materiale contaminato e l’ingestione di carni crude o poco cotte. Si consiglia di lavare accuratamente le mani specialmente dopo lavori di giardinaggio, manipolazione di uova crude o contatto con animali domestici.
Per precauzione, è opportuno che le donne sieronegative siano comunque sottoposte a controlli periodici nel corso della gravidanza.
In caso di positività, il trattamento prevede la somministrazione di Spiramicina ripetuta per tre cicli. La Spiramicina attraversa limitatamente la placenta, ma riesce a ridurre la trasmissione materno-fetale.
Dopo il primo trimestre, si somministra Sulfadiazina o Clindamicina in associazione ad Acido folico.
Nel neonato, per la terapia viene impiegata la Pirimetamina in associazione all’Acido folico, a cicli ripetuti per un anno.
Nelle pazienti immunodepressi la toxoplasmosi non trattata è rapidamente mortale. ( Xagena2010 )
Gyne2010