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Correlazioni in Medicina



Vemurafenib nei tumori multipli non-melanoma con mutazioni BRAF V600


Le mutazioni BRAF V600 si verificano in vari tumori non-melanoma. È stato uno studio istologico indipendente di fase 2 con Vemurafenib ( Zelboraf ) in tumori non-melanoma positivi alla mutazione BRAF V600.

Sono stati arruolati pazienti in sei coorti di cancro pre-specificate; i pazienti con tutti gli altri tipi di tumore sono stati arruolati in una settima coorte.
In totale sono stati trattati 122 pazienti con cancro positivo alla mutazione BRAF V600, tra cui 27 pazienti con carcinoma colorettale che avevano ricevuto Vemurafenib e Cetuximab ( Erbitux ).

L'endpoint primario era il tasso di risposta; gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza libera da progressione e globale.

Nella coorte con carcinoma polmonare non-a-piccole cellule, la percentuale di risposta è stata del 42% e la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 7.3 mesi.

Nella coorte con malattia Erdheim-Chester o istiocitosi delle cellule di Langerhans, la percentuale di risposta è stata del 43%; la durata mediana del trattamento è stata di 5.9 mesi e nessun paziente ha presentato progressione della malattia durante la terapia.

Ci sono state risposte aneddotiche tra i pazienti con xantoastrocitoma pleomorfo, cancro alla tiroide anaplastico, colangiocarcinoma, cancro dei dotti salivari, cancro ovarico, e sarcoma a cellule chiare e tra i pazienti con tumore del colon-retto che erano stati trattati con Vemurafenib e Cetuximab.

La sicurezza è stata simile a quella riscontrata in studi precedenti con Vemurafenib per il melanoma.

In conclusione, BRAF V600 sembra essere un oncogene bersaglio in alcuni, ma non in tutti, tumori non-melanoma.
Una attività preliminare di Vemurafenib è stata osservata nel carcinoma polmonare non-a-piccole cellule e nella malattia di Erdheim-Chester e nella istiocitosi delle cellule di Langerhans.
Il contesto istologico è un importante determinante di risposta nei tumori BRAF V600-mutati. ( Xagena2015 )

Hyman DM et al, N Engl J Med 2015; 373: 726-736

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