Trattamenti alternativi per inibire VEGF nella neovascolarizzazione coroideale correlata all’età
È stato ipotizzato che Bevacizumab abbia efficacia simile a Ranibizumab ( Lucentis ) per il trattamento della degenerazione maculare neovascolare legata all’età.
Lo studio IVAN ( Inhibition of VEGF in Age-related choroidal Neovascularisation ) è stato disegnato per confrontare questi farmaci e diversi regimi di somministrazione.
Sono stati riportati i risultati alla valutazione prespecificata a 2 anni.
Nello studio multicentrico, fattoriale con disegno 2×2, di non-inferiorità e randomizzato, sono stati arruolati in 23 ospedali del Regno Unito adulti di almeno 50 anni di età con degenerazione maculare neovascolare associata all’età attiva, non-trattata in precedenza, e una migliore acuità visiva corretta ( BCVA ) di almeno 25 lettere.
I partecipanti sono stati assegnati in maniera casuale, e in un rapporto 1:1:1:1, a iniezioni intravitreali di Ranibizumab ( 0.5 mg ) o Bevacizumab ( 1.25 mg ) in regimi continui ( ogni mese ) o discontinui ( al bisogno ), con visite di controllo mensili.
I partecipanti allo studio e i valutatori clinici non erano a conoscenza del trattamento assegnato.
L’assegnazione al regime di trattamento continuo o discontinuo non è stata svelata per 3 mesi, e successivamente comunicata.
L’esito primario era la migliore acutezza visiva corretta a 2 anni, con un limite prespecificato di non-inferiorità di 3.5 lettere.
L’esito primario di sicurezza era un evento trombotico arterioso o il ricovero in ospedale per scompenso cardiaco.
Le analisi sono state condotte per intention-to-treat modificato.
Nel periodo 2008-2010, 628 pazienti sono stati randomizzati: 18 hanno abbandonato lo studio, mentre 610 hanno ricevuto il trattamento farmacologico ( 314 Ranibizumab; 296 Bevacizumab ) e sono stati inclusi nell’analisi.
In totale, 525 partecipanti hanno raggiunto la visita a 2 anni: 134 trattati con Ranibizumab in regime continuo, 137 con Ranibizumab in regime discontinuo, 127 con Bevacizumab in regime continuo e 127 con Bevacizumab in regime discontinuo.
Per quanto riguarda la migliore distanza corretta di acutezza visiva, Bevacizumab non è risultato né non-inferiore né inferiore a Ranibizumab ( differenza media -1.37 lettere; p=0.26 ).
Il regime discontinuo non è risultato né non-inferiore né inferiore a quello continuo ( -1.63 lettere; p=0.18 ).
La frequenza di eventi trombotici arteriosi o di ricoveri in ospedale per scompenso cardiaco non ha mostrato differenze tra i gruppi Ranibizumab ( 20 [ 6% ] su 314 partecipanti ) e Bevacizumab ( 12 [ 4% ] su 296; odds ratio [ OR ] 1.69; p=0.16 ), o tra quelli regime continuo ( 12 [ 4% ] su 308 ) e discontinuo ( 20 [ 7% ] su 302; OR=0.56; p=0.13 ).
La mortalità è risultata più bassa con il regime continuo che con quello discontinuo ( OR=0.47; p=0.05 ), ma non ha mostrato differenze legate al farmaco utilizzato ( OR=0.96; p=0.91 ).
In conclusione, Ranibizumab e Bevacizumab hanno un’efficacia simile.
Riduzioni nella frequenza di ritrattamento hanno portato a una piccola perdita di efficacia indipendentemente dal farmaco.
La sicurezza è risultata peggiore con il regime di trattamento discontinuo.
Queste osservazioni mettono in luce che la scelta di una strategia di trattamento anti-VEGF è meno diretta di quanto si potesse pensare. ( Xagena2013 )
Chakravarthy U et al, Lancet 2013; 382: 1258-1267
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