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Correlazioni in Medicina



Fostemsavir nei pazienti con infezione da HIV, multitrattati e con fallimento dei regimi antiretrovirali disponibili: studio BRIGHTE


Sono stati presentati i risultati a 48 settimane dello studio di fase III BRIGHTE sul farmaco sperimentale Fostemsavir nei pazienti con infezione da HIV-1 multitrattati ( HTE. heavily treatment-experienced ).

Fostemsavir, in combinazione con il trattamento di base ottimizzato ( OBT: optimised background treatment ), mantiene la soppressione virologica dalla settimana 24 alla settimana 48 in questa popolazione difficile da trattare.

I risultati hanno mostrato che il 54% dei pazienti nella coorte randomizzata ( n = 146 su 272 ) ha mantenuto la soppressione virologica ( minore di 40 copie/mL ) dopo 48 settimane di trattamento con Fostemsavir associato alla terapia di base ottimizzata.
Inoltre i pazienti nella coorte randomizzata hanno mostrato un miglioramento immunologico a 48 settimane come dimostrato dall’incremento della conta delle cellule T CD4+ ( miglioramento medio dall’inizio dello studio di +139 cellule/mcL ).

La maggior parte dei pazienti che hanno ricevuto Fostemsavir ha manifestato almeno un evento avverso entro la 48esima settimana.
Le più comuni reazioni avverse correlate al farmaco sono state: diarrea, nausea e cefalea.
Il 35% dei partecipanti ha sofferto di uno o più eventi avversi gravi correlati soprattutto a infezioni, comparse nella maggior parte dei pazienti immunocompromessi.
Il 3% degli eventi avversi gravi sono apparsi correlati al trattamento in studio e il 7% dei partecipanti ha interrotto lo studio per un evento avverso.

Fostemsavir è un profarmaco che viene metabolizzato nel composto attivo, Temsavir, primo farmaco della classe degli inibitori dell’attachment che lega la glicoproteina 120 ( gp120 ) sulla superficie di HIV, bloccando la gp120 in uno stato conformazionale che inibisce l’interazione iniziale tra il virus e le cellule immunitarie dell’ospite, prevenendo l’attacco del virus e quindi la sua entrata nella cellula ospite CD4+ T.
In virtù del suo meccanismo d’azione non c’è resistenza crociata in vitro con le altre classi di antiretrovirali, e questo può aiutare i pazienti che sono diventati resistenti alla maggior parte degli altri farmaci.

In aggiunta ai risultati primari di efficacia, è stata condotta un’analisi in un sottogruppo pre-specificato che ha mostrato tassi numericamente più alti di risposta virologica in pazienti di età maggiore di 50 anni, nelle donne o nei pazienti che hanno riferito di essere neri o afro-americani, in confronto con la popolazione equivalente nelle 48 settimane.
Come per gli studi con altri farmaci, anche nello studio BRIGHTE i sottogruppi di pazienti con elevati valori di HIV-1 RNA ( maggiore o uguale a 100.000 cellule/mcL) e conta di CD4+ molto bassa ( minore di 20 cellule/mm3 ) hanno avuto i tassi di risposta virologica meno elevati alla 48esima settimana.
Sono stati osservati tassi comparabili di aumento del numero di cellule CD4+ T nei sottogruppi per età, genere, razza e regione geografica.
I pazienti con più bassa conta di CD4 ( inferiore a 20 cellule/mcL ), hanno presentato un miglioramento paragonabile della variazione media nel conteggio del CD4 basale rispetto a quelli con i valori più alti di CD4 basale ( superiore a 200 cellule/mcL ); +145 e +150 cellule/mcL, rispettivamente. ( Xagena2018 )

Fonte: ViiV Healthcare, 2018

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