MedFocus.it

Correlazioni in Medicina



Disfunzione cardiaca subclinica aumenta il rischio di ictus e demenza


È stata valutata l'associazione tra funzione cardiaca e rischio di ictus e demenza negli anziani senza cardiopatia clinica.
Inoltre, è stata studiata la relazione tra funzione cardiaca e marcatori MRI di malattia cerebrovascolare subclinica.

Lo studio è stato condotto all'interno dello studio Rotterdam basato sulla popolazione. In totale, 3.291 partecipanti ( 60.8% donne, età 58-98 anni ) senza malattia coronarica, insufficienza cardiaca, fibrillazione atriale, ictus e demenza hanno subito ecocardiografia nel periodo 2002-2005 per misurare la funzione cardiaca.

Il follow-up è terminato nel 2012.

Nel periodo 2005-2006, un sottoinsieme casuale di 577 persone senza ictus e senza demenza è stato sottoposto a MRI del cervello valutando gli infarti e il volume delle lesioni della sostanza bianca.

Durante 21.785 anni-persona di follow-up, 164 soggetti hanno avuto un ictus e durante 19.462 anni-persona di follow-up, 208 persone hanno sviluppato demenza.

Le misure di migliore funzione diastolica, come più alto rapporto E/A, sono state associate a un minore rischio di ictus ( hazard ratio, HR=0.82) e demenza ( HR=0.82 ).

Una migliore funzione sistolica, misurata come più alto accorciamento di frazione, è stata associata solo a un minore rischio di ictus ( HR=0.84 ).

Una migliore funzione diastolica è stata correlata a una minore prevalenza di infarti silenti alla risonanza magnetica per immagini, specialmente infarti lacunari.

In conclusione, negli anziani liberi da malattia cardiaca clinica, una peggiore funzione diastolica è associata a ictus clinico, demenza, e infarti silenti alla risonanza magnetica, mentre una funzione sistolica peggiore è legata solo a ictus clinico.
Questi risultati possono costituire la base per future ricerche sull'utilità della funzione cardiaca come potenziale target di intervento per la prevenzione delle malattie neurologiche. ( Xagena2015 )

de Bruijn RFAG et al, Neurology 2015;84:833-840

Neuro2015 Cardio2015


Altri articoli