Infarto miocardico acuto: lo shock cardiogeno e la riperfusione senza successo sono predittori di mortalità a 30 giorni
Ricercatori del Kokura Memorial Hospital di Kitakyushu, in Giappone, hanno compiuto una revisione di 1087 pazienti consecutivi sottoposti ad angioplastica coronarica primaria per infarto miocardico acuto.
Di questi, 309 avevano un’età uguale o superiore ai 75 anni, mentre 778 un’età inferiore ai 75 anni.
Rispetto al gruppo dei pazienti più giovani, il gruppo dei pazienti più anziani ha presentato una maggiore incidenza di mortalità a 30 giorni ( 8.1% versus 4.0%; p = 0.0057 ) e di mortalità per cause cardiache ( 6.5% versus 3.6%; p = 0.038 ).
Il successo della riperfusione è stato raggiunto nei 2 gruppi in un’alta percentuale, senza differenze significative ( 91.6% versus 92.9%; p = 0.45 ).
Quando è stata confrontata l’angioplastica eseguita con successo con quella non di successo, si è osservata una riduzione dell’incidenza di mortalità a 30 giorni nel gruppo dei pazienti più anziani ( 6% versus 30.8%; p < 0.0001 ) e nel gruppo dei pazienti più giovani ( 3.2% versus 14.5%; p < 0.0001 ).
Quando la riperfusione ha avuto successo, la percentuale di mortalità cardiaca nei pazienti più anziani non era significativamente maggiore rispetto a quella dei pazienti più giovani ( 4.6% versus 2.8%; p = 0.14 ).
All’analisi multivariata effettuata su tutti i 1087 pazienti, lo shock cardiogeno al momento del ricovero ( odds ratio, OR: 44.7; p < 0.0001 ) e la riperfusione senza successo ( OR : 9.40; p < 0.0001) sono risultati predittori indipendenti di mortalità a 30 giorni.
Secondo gli Autori, il trattamento con l’angioplastica migliora la prognosi nei pazienti più anziani. ( Xagena2006 )
Sakai K et al, Am J Cardiol 2006; 98: 1018-1021
Cardio2006