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Correlazioni in Medicina



Studio TECOS: Sitagliptin non aumenta il rischio cardiovascolare nei pazienti con diabete mellito di tipo 2


Il diabete mellito di tipo II sta assumendo in tutto il mondo dimensioni pandemiche, ponendo così una grande sfida alla sostenibilità dei sistemi sanitari dei vari Paesi. Una diagnosi tempestiva di questa condizione e un trattamento su misura, che rispetti caratteristiche e attitudini del paziente, rappresentano la ricetta ideale per mettersi al riparo dalle complicanze di questa condizione, che vanno dalle alterazioni della vista all’insufficienza renale fino alla dialisi, alle amputazioni, e soprattutto alle patologie cardiovascolari ( infarto, scompenso cardiaco, ictus ).

Attualmente si stima che a soffrirne nel mondo siano 387 milioni ( prevalenza 8.3% ). Una persona su 12, dunque. Dato al quale se ne affianca un altro che aggrava ulteriormente il quadro: un malato su due non sa di esserlo. E le previsioni per il futuro non sono rosee: entro il 2035 infatti il numero delle persone con diabete potrebbe superare i 592 milioni.
Il diabete rappresenta l’ottava patologia nel mondo, nel 2014 ha causato 4,9 milioni di decessi, per lo più determinati da patologie cardiovascolari: ogni 7 secondi una persona muore per cause correlate alla patologia.
I dati sono ancora più preoccupanti nei Paesi sviluppati, a causa delle abitudini di vita e della maggiore sopravvivenza, che aumentano l’incidenza di diabete.

Il diabete mellito aumenta anche il rischio di complicanze macrovascolari, in primo luogo infarto acuto del miocardio e ictus, e non a caso sono proprio gli eventi cardiovascolari la principale causa di mortalità tra le persone con diabete mellito di tipo 2, in particolare tra i più anziani ( il 70% dei decessi in questa fascia d’età è dovuto a un evento cardiovascolare ).
Il rischio relativo di mortalità cardiovascolare nelle persone con diabete è nettamente superiore a quello della popolazione generale, in entrambi i sessi, tanto che i pazienti con diabete mellito di tipo 2 presentano un rischio di infarto paragonabile a quello di chi ha avuto un pregresso infarto.
Dopo aggiustamento per la presenza di altri comuni fattori di rischio cardiovascolari, la possibilità di sviluppare una patologia cardiovascolare in una persona con diabete resta quasi il doppio di quella della popolazione generale.
L’aspettativa di vita in un quarantenne con diabete, rispetto a un coetaneo senza la malattia, è ridotta di circa 6-10 anni.

Il diabete mellito, d’altra parte, non è solo un fattore di rischio indipendente per l’infarto miocardico e per gli altri eventi coronarici. Esso, infatti, si associa anche a una maggior incidenza di scompenso cardiaco, sia nelle donne ( rischio aumentato di 5 volte ), sia negli uomini ( aumento di 2.4 volte ).
Si stima, a tale proposito, che la prevalenza di scompenso cardiaco tra le persone con diabete sia dell’11.3%; l’incidenza di scompenso cardiaco tra le persone con diabete è cioè 2.5 volte superiore a quella della popolazione generale.

Dal 2008, l’Autorità regolatoria statunitense, FDA ( Food and Drug Administration ) ha imposto alle aziende produttrici di nuovi farmaci per il diabete di tipo 2 di effettuare degli studi di sicurezza cardiovascolare che, con un disegno statistico di non-inferiorità, dimostrino l’assenza di qualunque rischio cardiovascolare inerente all’impiego dei nuovi farmaci.
Questa decisione dell’FDA è stata presa sulla scia della pubblicazione di una meta-analisi che suggeriva la presenza di un aumentato rischio di infarto miocardico con l’impiego del Rosiglitazone, un farmaco della classe dei tiazolinedioni.

Nasce in questo contesto lo studio TECOS ( Trial Evaluating Cardiovascular Outcomes with Sitagliptin ), il più lungo studio di safety cardiovascolare con un ipoglicemizzante orale mai condotto, multicentrico ( ha interessato oltre 38 nazioni, con centinaia di Centri di arruolamento, tra cui l’Italia, randomizzato versus placebo, in doppio-cieco.

TECOS è stato uno studio di non-inferiorità controllato versus placebo sulla sicurezza cardiovascolare di Sitagliptin, un inibitore della dipeptidil-dipeptidasi 4 ( DPP-4 ), utilizzato in aggiunta alla terapia tradizionale in oltre 14.000 pazienti affetti da diabete di tipo 2 ed inoltre ad elevato rischi cardiovascolare per la loro storia clinica.
Lo studio, una ricerca accademica indipendente portata avanti dalla Diabetes Trial Unit ( DTU ) della Oxford University e dal Clinical Research Institute della Duke University, ha raggiunto il suo endpoint primario composito cardiovascolare di non-inferiorità ( definito come il tempo alla prima occorrenza di uno dei seguenti eventi: morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico o ictus non-fatali, o ospedalizzazione per angina instabile ) comparato alla terapia tradizionale senza Sitagliptin.
Complessivamente, l’endpoint primario è stato raggiunto nell’11.4% ( n=839 ) dei pazienti trattati con Sitagliptin comparato all’11.6% ( n=851 ) dei pazienti trattati con placebo nella analisi Intention-to-Treat ( ITT ) ( hazard ratio, HR= 0.98; 95% CI 0.89-1.08; p inferiore a 0.001, altamente significativo per la non-inferiorità ).
Risultati analoghi sono stati confermati in entrambi i gruppi, Sitagliptin e placebo anche nella analisi Per Protocol ( PP ) ( HR=0.98; 95% CI 0.88-1.09 ).
Tra gli endpoint secondari non è stato riscontrato nessun aumento dei ricoveri per insufficienza cardiaca o scompenso, e che i tassi di mortalità per tutte le cause sono stati sovrapponibili nei due gruppi di studio.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista The New England Journal of Medicine ( NEJM ). Questi risultati sono confortanti perché ci dicono in maniera inequivocabile che il trattamento con Sitagliptin non presenta alcun incremento di rischio cardiovascolare.
I pazienti trattati con Sitagliptin non hanno riportato variazioni sia per ictus e infarto miocardico che anche per scompenso cardiaco, che invece in studi precedenti su farmaci di questa stessa classe aveva causato qualche perplessità. Le due curve sono assolutamente sovrapponibili.

Il fatto che in una popolazione molto a rischio, come quella selezionata per lo studio TECOS, non sia stato registrato alcun incremento del rischio cardiovascolare in generale, e di scompenso cardiaco in particolare, dà al clinico la possibilità di curare in assoluta tranquillità sia il tipo di paziente reclutato nello studio, sia quello nelle diverse fasi, dalle più iniziali alle tardive, della malattia diabetica. Ciò può consentire di trattare il paziente raggiungendo un target metabolico giustamente ambizioso, ma in piena tranquillità per quello che riguarda il profilo di sicurezza, prevenendo così il danno vascolare.
Oltre all’ottimo profilo di sicurezza, lo studio TECOS ha mostrato per Sitagliptin un’altissima tollerabilità, senza alcun aumento di peso, con una chiara riduzione sia dell’uso di altri agenti ipoglicemizzanti che di crisi ipogligemiche. ( Xagena2015 )

Fonte: Relazione di Giuseppe Ambrosio, Università di Perugia al Congresso Cuore, cervello, rene e diabete, Gubbio ( PG ) 2015

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