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Correlazioni in Medicina



Tumore all'ovaio recidivato: ri-trattamento con chemioterapia a base di Platino


Prolungare l'intervallo libero da Platino introducendo una chemioterapia non-basata sul Platino, prima del ri-trattamento con la chemioterapia a base di Platino nelle pazienti con un tumore all'ovaio ricorrente, parzialmente Platino-sensibile, non solo non migliora l'efficacia, ma addirittura peggiora gli esiti.
Queste le conclusioni di MITO-8 ( Multicentre Italian Trials in Ovarian Cancer 8 ), uno studio multicentrico randomizzato di fase III.

Sulla base di questi risultati, il ri-trattamento immediato con la chemioterapia a base di Platino rimane la strategia di trattamento standard.

L'idea che una terapia non-basata sul Platino potesse prolungare l'intervallo libero da Platino, migliorando in tal modo gli esiti nelle pazienti con tumore all'ovaio che hanno presentato una recidiva nei 6-12 mesi dopo aver risposto alla terapia a base di Platino, era stata proposta più di 20 anni fa.
Nonostante la mancanza di dati prospettici relativi a questo approccio non-basato sul Platino, l'idea è stata utilizzata con successo per commercializzare chemioterapici non-contenenti Platino come Paclitaxel, Topotecan, Doxorubicina liposomiale pegilata ( PLD ), e, più recentemente, la combinazione PLD-Trabectedina prima di ricominciare la chemioterapia a base di Platino.

Un’analisi retrospettiva del 2007 ( studio SOCRATES ) aveva mostrato che il 35% delle pazienti recidivate 6-12 mesi dopo la terapia a base di Platino erano state trattate con un singolo agente non-contenente Platino prima del ri-trattamento con una terapia a base di Platino, e che quest’approccio è stato utilizzato come gruppo di controllo in diversi studi di fase III che hanno incluso pazienti con un intervallo libero da Platino di 6-12 mesi.
I risultati hanno indicato che una ipotesi non-dimostrata è stata adattata alla pratica clinica senza aver dimostrato un vantaggio associato a quest’approccio.

Lo studio MITO-8 è stato progettato per verificare se il prolungamento dell’intervallo libero da Platino con un trattamento con un singolo agente non-contenente Platino potesse migliorare la sopravvivenza globale nelle pazienti con un carcinoma ovarico recidivato, parzialmente Platino-sensibile.

In 107 di queste donne assegnate al braccio sperimentale, sottoposte prima a una chemioterapia non-a-base di Platino per prolungare l'intervallo libero da Platino, seguita da una chemioterapia a base di Platino dopo la progressione, Il tempo mediano dalla precedente terapia a base di Platino è risultato di 8 mesi, e quello dalla randomizzazione al Platino di 7.8 mesi.
La sopravvivenza mediana globale, l'endpoint primario dello studio, è risultata pari a 21.8 mesi.

Nelle 108 pazienti assegnate alla terapia standard immediata con la chemioterapia a base di Platino seguita da una terapia non-a-base di Platino, il tempo mediano dalla precedente terapia a base di Platino alla randomizzazione è risultato di 8 mesi e la sopravvivenza globale è stata di 24.5 mesi ( hazard ratio, HR a favore della chemioterapia a base di Platino 1.38 ).

La differenza in termini di sopravvivenza globale si è avvicinata alla significatività statistica, ma non l’ha raggiunta.

La sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) dopo il secondo trattamento ( endpoint secondario dello studio ) è risultata di 12.8 mesi nel braccio sperimentale contro 16.4 mesi nel braccio di confronto ( HR=1.41 ) e questa differenza era statisticamente significativa.

Non si sono osservate differenze tra i due gruppi riguardo alla sicurezza o alla tossicità.

Le donne arruolate nello studio MITO-8 erano pazienti con un carcinoma ovarico recidivato nel lasso di tempo fra i 6 e 12 mesi dopo la precedente chemioterapia a base di Platino; erano state sottoposte, in precedenza, a non più di due linee di chemioterapia, avevano un buon performance status e avevano una normale funzione d’organo.

La terapia non-a-base di Platino impiegata nello studio comprendeva Doxorubicina liposomiale pegilata, tranne durante un periodo in cui c'era carenza di questo farmaco e si sono pertanto utilizzati altri singoli agenti, tra cui Gemcitabina e Topotecan.
La maggior parte delle pazienti, tuttavia, è stata trattata con Doxorubicina liposomiale pegilata.

La terapia a base di Platino era costituita da Carboplatino più Paclitaxel o, nelle pazienti che presentavano neurotossicità al basale, Carboplatino e Gemcitabina.

La carenza di Doxorubicina liposomiale pegilata è stata solo una delle numerose difficoltà incontrate durante lo studio.
L’arruolamento è iniziato nel 2009, ma è stato temporaneamente sospeso nel 2011 per via della scarsità di Doxorubicina liposomiale pegilata.
Nel 2012, è stato approvato un emendamento per consentire di utilizzare altre chemioterapie non-a-base di Platino nella maggior parte dei Centri e l’arruolamento è ripreso. Tuttavia, l’arruolamento ha subito rallentamenti, ed è stato terminato nel 2015.
Lo studio è stato interrotto in anticipo sul previsto e l'ultima analisi è stata condotta nel marzo 2016 quando gli eventi hanno raggiunto un plateau.
I ricercatori, in collaborazione con il Comitato indipendente di monitoraggio dei dati, hanno ritenuto che i risultati dovessero essere presentati immediatamente perché possono influenzare la pratica clinica. ( Xagena2016 )

Fonte: ASCO - American Society of Clinical Oncology Meeting, 2016

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