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Correlazioni in Medicina



Efficacia del Naltrexone nel trattamento della dipendenza da Anfetamina


Attualmente non esiste una farmacoterapia per la dipendenza da Anfetamina, tuttavia recenti studi hanno dimostrato che il Naltrexone modula alcuni degli effetti dell’Anfetamina.

Uno studio ha verificato l’efficacia del Naltrexone, rispetto al placebo, nel ridurre le ricadute nell’uso di Anfetamina nei pazienti Anfetamina-dipendenti.

Ottanta pazienti che rientravano nei criteri DSM-IV per la dipendenza da Anfetamina sono stati assegnati in maniera casuale a un trattamento di 12 settimane con Naltrexone 50 mg ( Antaxone ) o placebo.

I pazienti si sono recati in clinica due volte a settimana per ricevere la terapia farmacologica e quella di prevenzione dalle ricadute, e per lasciare campioni di urina sui quali sono stati effettuati esami tossicologici per verificare il rispetto del protocollo mediante la ricerca del 6-beta-Naltrexolo, un metabolita del Naltrexone.

La principale misura di esito era l’astinenza dall’uso di Anfetamina, determinata dal numero di campioni di urina negativi all’Anfetamina nelle 12 settimane di trattamento. Tutti i campioni di urina mancanti sono stati considerati positivi all’Anfetamina ai fini dell’analisi.

In totale 55 pazienti hanno portato a termine lo studio. L’analisi intention-to-treat ha mostrato per il gruppo Naltrexone un numero significativamente maggiore di campioni di urina negativi all’Anfetamina rispetto al gruppo placebo.

Le analisi di sopravvivenza hanno mostrato per i gruppi trattati delle differenze nei tassi di astinenza continua in favore del gruppo Naltrexone.

È stata rilevata una significativa riduzione del desiderio compulsivo e del consumo di Anfetamina nel gruppo Naltrexone rispetto al placebo.

Il trattamento con Naltrexone è risultato ben tollerato nei pazienti che hanno preso parte allo studio.

In conclusione, il Naltrexone risulta efficace nel ridurre l’uso di Anfetamina in pazienti Anfetamina-dipendenti. ( Xagena2008 )

Jayaram-Lindstrom N et al, Am J Psychiatry 2008; 165: 1442-1448


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